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 BURATTINAIO O BURATTINO?
 Raccogliere consensi attorno alla figura di un leader forte è una 
			strategia tipica della propaganda totalitaria. In Italia, tra le due 
			guerre mondiali, questo culto della personalità si focalizzò sul 
			“Duce” Benito Mussolini, uomo-forte per antonomasia, fondatore del 
			partito fascista italiano e primo ministro tra il 1922 e il 1943. 
			Mussolini, un abile oratore con notevoli doti istrioniche, costruì 
			la propria immagine pubblica facendo leva sui suoi lineamenti 
			fisiognomici al limite della caricatura, su una serie di motti 
			memorabili e sulle sue presunte imprese temerarie. La macchina 
			propagandistica del regime fascista fece ampio uso dei mass media e 
			delle tecniche di riproduzione di massa, trasformando il ritratto di 
			Mussolini in un’immagine onnipresente sui cartelloni pubblicitari e 
			nei giornali. Le frasi ad effetto che Mussolini pronunciava nei suoi 
			discorsi venivano riprodotte sulle pareti degli edifici pubblici, 
			mentre le adunate a sostegno del regime prevedevano spesso la 
			costruzione di scenografie architettoniche effimere, erette in suo 
			onore. Questa abbondanza iconografica e semantica certamente 
			contribuì ad aumentare la percezione del potere di Mussolini; di 
			contro, l’immagine coordinata del grande burattinaio d’Italia rivela 
			anche come la figura del Duce funzionasse a sua volta come una 
			marionetta, soggetta alle regole che governano le mascotte 
			commerciali di successo, le celebrità e gli slogan pubblicitari.
 
 
			
			PRIMA E DOPO IL FASCISMOLa propaganda politica non è appannaggio esclusivo dei regimi 
			totalitari: le forze democratiche sono egualmente in grado di 
			sviluppare un efficace indottrinamento politico attraverso 
			narrazioni accattivanti. Molti dei messaggi politici proposti dalle 
			ideologie liberali e democratiche si fondano sulle stesse tecniche 
			retoriche utilizzate dai burocrati di regime e dagli esperti di 
			marketing: appelli drammatici su temi di grande carica emotiva, uso 
			di frasi brevi e memorabili, derisione dell’avversario, 
			presentazione selettiva di informazioni, ricorso a immagini forti e 
			paradigmatiche.
 
 I decenni che precedettero e seguirono il regime fascista furono 
			epoche turbolente: Il Regno d’Italia, una monarchia costituzionale a 
			capo di una società ancora largamente agricola, passò i primi due 
			decenni del ventesimo secolo alle prese con le forze dirompenti 
			dell’industrializzazione, lo sviluppo della politica di massa e 
			l’ascesa delle ideologie socialiste. Per contro, la giovane 
			Repubblica Italiana nata dalle ceneri della Seconda guerra mondiale 
			affrontò le sfide di una ricostruzione economica di massa e la 
			necessità di promuovere una riconciliazione sociale, il tutto nel 
			teso clima ideologico della guerra fredda. La propaganda di queste 
			epoche presenta una serie di ulteriori sfumature che permettono di 
			capire come le forze politiche, ieri come oggi, guadagnino il 
			consenso delle masse.
 
 
			
			POLITICA E AFFARIIl governo fascista ebbe un ruolo chiave nello sviluppo 
			dell’economia italiana degli anni Venti e Trenta. La dottrina 
			corporativista del regime, sostituitasi al libero sindacato, 
			influenzò i rapporti di lavoro nelle grandi fabbriche, mentre 
			l’intervento statale in settori strategici dell’economia comportò 
			frequenti interazioni tra le imprese private e i burocrati del 
			governo. Non è dunque una sorpresa il fatto che molte aziende 
			italiane giunsero a compromessi con il regime, nella speranza di 
			ottenere favori politici. In aggiunta, vista la popolarità del 
			fascismo presso la piccola borghesia e la nascente “società dei 
			consumi”, i riferimenti a Mussolini, ai motti e ai simboli del 
			regime divennero un importante stratagemma nella promozione di 
			prodotti destinati al consumo.
 
 Il risultato di queste sinergie è che la veste grafica delle 
			pubblicità commerciali dell’epoca rivela notevoli continuità con la 
			propaganda politica coeva. Le parole che si ritrovano nelle campagne 
			pubblicitarie si allineano alla retorica populista del regime, 
			abbinando la promozione di un prodotto a frasi che evocano la 
			memoria delle politiche e dei protagonisti del fascismo.
 
			
			IL CONTROLLO DELLA VITA QUOTIDIANA
 Indipendentemente dall’età e dal genere, ogni persona aveva un ruolo 
			da ricoprire all’interno del “laboratorio” bio-politico del regime 
			fascista. L’ideologia del fascismo doveva penetrare ogni aspetto 
			della vita privata e pubblica, dalla culla al pensionamento. Tra le 
			strategie adottate dal regime per ritagliarsi uno spazio nella vita 
			quotidiana dei cittadini italiani vi erano lo sviluppo di 
			organizzazioni giovanili di carattere militaresco, campagne a favore 
			della natalità, manifestazioni a favore delle conquiste coloniali, 
			espansione dell’edilizia popolare e di grandi infrastrutture. A 
			seconda del pubblico di riferimento, i propagandisti incaricati di 
			promuovere queste iniziative adottavano stili molto differenti: il 
			ricorso a fotomontaggi avanguardisti si alternava a iconografie 
			imperiali di gusto classicheggiante.
 
 A rafforzare questo controllo sulla vita quotidiana vi era inoltre 
			una moltitudine di propaganda “soft”, costituita da gare atletiche 
			sponsorizzate dallo stato, concorsi artistici, e commissioni 
			pubbliche per la realizzazione di monumenti e opere d’arte 
			nell’edilizia del regime. Queste iniziative attiravano una miriade 
			di atleti, artisti e intellettuali nell’orbita del fascismo, 
			favorendo al contempo la percezione che il regime promuovesse una 
			libera creatività. Infine, il governo fascista pubblicizzava il 
			proprio operato attraverso una serie ininterrotta di mostre e fiere, 
			destinazione prescelta per le gite fuori porta organizzate dai 
			circoli ricreativi “dopolavoro” controllati dal regime. Alla fine 
			degli anni Trenta, un’ intera generazioni di giovani italiani era di 
			fatto cresciuta sotto il costante influsso della propaganda e degli 
			organi di regime.
 
 
			“AL DI LÀ DEI 
			CONFINI NAZIONALI”La macchina propagandistica di uno stato totalitario non si limita a 
			prendere di mira i propri cittadini; al contrario, tenta 
			frequentemente di esibire le proprie conquiste e ideologie su scala 
			globale. L’Italia fascista non era indifferente al teatro politico 
			internazionale e coltivava attentamente la propria immagine 
			all’estero attraverso iniziative accattivanti che potessero 
			rappresentare la cultura e la potenza militare-industriale dello 
			stato, come mostre d’arte itineranti e trasvolate aeree 
			intercontinentali. Gli sforzi propagandistici del regime fascista si 
			rivolgevano spesso agli Stati Uniti, sia per incoraggiare buone 
			relazioni diplomatiche tra i due paesi, sia per avvicinare la grande 
			comunità di emigrati italiani alle politiche del regime.
 
 L’ultimo tentativo fascista di raggiungere un pubblico 
			internazionale fu l’Esposizione Universale Romana, progettata ma mai 
			realizzata. Conosciuta col nome in codice E42, l’esposizione avrebbe 
			portato visitatori internazionali nel quartiere-modello dell’EUR, 
			progettato per coniugare l’architettura classica e monumentale con 
			le linee moderne e austere dell’architettura razionalista italiana.
 
			
			 
 
 Propaganda - The Art of Political Indoctrination
 Opere dalla Fondazione Massimo e Sonia Cirulli
 
 5 marzo - 17 aprile 2020
 
 A cura di
 Nicola Lucchi, CUNY Queens College
 
 Consulenti NYU
 Ruth Ben-Ghiat; Valentina Castellani; Ara Merjian
 
 Casa Italiana Zerilli-Marimò
 New York University
 24 West 12th Street
 
 New York, NY
 
 
 Inaugurazione mercoledì 4 marzo
 dalle 18:00 alle 20:00
 
 
				
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			Ultimo 
			aggiornamento:  
			13-10-22
			
			
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