PAGINE DAL WEB - ARTE

 

Addio a Cy Twombly, l’artista che ha “segnato” un’epoca

Autore: Francesca Berardi

What I am trying to establish is – that Modern Art isn’t dislocated, but something with roots, tradition and continuity. For myself the past is the source (for all art is vitally contemporary). I’m drawn to the primitive, the ritual and fetish elements, to the symmetrical plastic order (peculiarly basic to both primitive and classic concepts, so relating the two).

Con queste parole nel 1952 Cy Twombly convinceva il Museum of Fine Art di Richmond, in Virginia, a stanziare i finanziamenti per il viaggio che di lì a poco avrebbe intrapreso insieme a Robert Rauschenberg verso “la culla della civiltà”, tra l’Europa e il Nord Africa del Mediterraneo. Durante quel lungo soggiorno Twombly visitò per la prima volta Roma. Nella serie fotografica Cy+ Roman steps, realizzata in quel periodo, Rauschenberg lo ritrasse senza volto, mentre scendeva le scale di un edificio (probabilmente il Palazzo della Civiltà dell’EUR) fino a scomparire. Ed è proprio a Roma, nella città dove trascorse gran parte della vita, dove conobbe la moglie Tatiana Franchetti e vide nascere il figlio Cyrus Alessandro, che Twombly è scomparso per sempre. Il 5 luglio, dopo aver trascorso qualche giorno in ospedale, si è spento a 83 anni cedendo all’insistenza di un tumore che lo aveva colpito ormai da anni. 
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Intervista ad Antonio Arèvalo. Padiglione del Cile un mese dopo...

Autore: Gino Pisapia

Programmi, progetti, speranze in un dialogo tra Antonio Arèvalo e Gino Pisapia


Gino Pisapia: Ti avevamo già visto a Venezia nel 2001, nel 2009 in occasione della 53° Edizione della Biennale di Venezia nel ruolo di curatore del Padiglione Cileno con un solo show di Ivan Navarro e quest'anno da commissario. Cosa è cambiato?
Antonio Arèvalo: Io sono in Biennale nelle vesti di curatore fin dal 2001, quando presentai Juan Downey, padre, insieme a Nam June Paik e Bill Viola, della video Installazione (ottenne una menzione d’onore da parte della Giuria Internazionale), poi nel 2009 ho curato insieme al critico Justo Pastor Mellado la presenza del Cile con l’artista radicato a New York Ivan Navarro. Questa è la mia terza volta e certo, da allora, le cose sono molto cambiate. Innanzitutto le istituzioni si sono sensibilizzate: ora siamo al punto di poter contare sulla loro totale partecipazione. Gli artisti poi, dal 2001 ad oggi, hanno allargato la loro visione anche grazie ad Internet e tutta l’informazione che ciò comporta. Poi molti si sono trasferiti negli Stati Uniti ed altri in Europa, hanno viaggiato, sanno quali sono gli appuntamenti più importanti: biennali, fiere d’arte, ecc. 
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Sopra/naturale o sulla condizione dell’uomo contemporaneo

Autore: Nicola Maggi

«Dio è morto, Marx è morto… e anch’io oggi non mi sento molto bene», scherzava Woody Allen qualche decennio fa con caustico umorismo. Una battuta divenuta celebre e che, a ben vedere, riassume tutto il senso della nostra epoca. I miti, di ogni natura e genere, sono crollati e l’uomo contemporaneo sembra trovarsi smarrito in un cammino che, se non oscuro, si è fatto certamente più accidentato negli ultimi anni, dominato com’è dall’incertezza. Un’incertezza attorno alla quale ci spinge oggi a riflettere la mostra “Sopra/Naturale” che, inaugurata a Pietrasanta (LU) il 25 giugno scorso presso il complesso di Sant’Agostino in piazza Duomo, proprio in questi giorni si è arricchita delle opere di Jan Fabre e Kendell Geers, i cui lavori, dal 9 luglio, si affiancano a quelli di Loris Cecchini, Alberto Garutti, Ilya & Emilia Kabakov e Pascale Marthine Tayou. 
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PAOLO RADI. OLTRE LA PITTURA: PRESENZA TRA MATERIA E LUCE. OPERE 2003-2011

Autore: Michela Bortoletto

Nella storia dell’arte sono da sempre esistite delle categorie nelle quali inserire i lavori: pittura, scultura e affresco sono tra le più antiche. Nel corso dei secoli ad esse se ne sono aggiunte altre come la fotografia, l’installazione, la performance, la videoarte. A quasi ogni opera d’arte si può dunque far corrispondere una determinata categoria. Questa corrispondenza è facile da trovare per quasi tutti i lavori artistici. Qualche esempio. Monochrome bleu di Klein : pittura. David di Michelangelo: scultura. La Montagna di Sale di Paladino: installazione. Si potrebbe andare avanti per ore riuscendo così a catalogare quasi tutte le opere d’arte. Quasi tutte però. Non tutte. Ci sono, infatti, lavori che sfuggono a ogni forma di catalogazione. Vai all'articolo

Antonio Nunziante - Visioni Ulteriori

Autore: Matteo Antonaci

Si intitola La Visione Ulteriore la mostra che il Chiostro del Bramante di Roma, dal 30 Giugno al 31 Luglio, dedica ad Antonio Nunziante. Curata da Giovanni Faccenda, la mostra ospita un’importante selezione di opere del pittore affiancandole a lavori inediti realizzati per l’occasione. Reduce della recente rinuncia alla partecipazione nell’attuale Biennale di Venezia e dopo i successi ottenuti con le mostre Dal Caravaggio e Böcklin, De Chirico, Nunziante, il pittore cinquantenne, formatosi tra Torino e Firenze, torna ad indagare i suoi temi più cari articolandoli, attraverso il linguaggio pittorico, nel recupero nostalgico di una “bellezza” formale a cui l’arte contemporanea sembra aver rinunciato da tempo. Da qui il richiamo costante ai grandi artisti del passato (dai già citati Caravaggio, Böcklin e De Chirico, per arrivare ad Hopper e Dalì) di cui le opere esposte sembrano essere incarnazione. Meta-pittura, forse, ovvero riflessione sul linguaggio pittorico e sulle possibilità della visione che caratterizzano tale sintassi. Vai all'articolo

VISIONI INDIPENDENTI #1

Autore: Eugenia Delfini

Lo scorso gennaio, in occasione della mostra ‘Central Park’ realizzata da Superfluo Project all’interno di un ex parcheggio multipiano a Padova, si è svolta la tavola rotonda ‘Visioni Indipendenti’, ospiti dell’incontro erano diverse organizzazioni: Associazione E (Venezia), Fondazione March (Padova), Gabls (Belluno), Associazione Galleria Contemporaneo (Mestre), GUMstudio (Carrara); Mars (Milano); UpLoad Art Project (Trento) e Motel Lucie (Milano). Durante l’incontro si è discusso del ruolo dei collettivi non profit, del loro futuro, delle strategie di sopravvivenza di queste realtà, in bilico tra economia e creatività, della possibilità di produrre opere d'arte a costo zero e modelli finanziari alternativi. Recentemente è stata stampata la pubblicazione riguardante la mostra e la tavola rotonda, trovando di particolare interesse le risposte emerse dalle conversazioni tra gli interlocutori e Daniele Capra, ho proposto a Superfluo Project di pubblicare le interviste nella Rubrica. Vai all'articolo 

Conversazione con Loredana Longo. Dalla distruzione alla costruzione

Autore: Cristina Costanzo

In occasione della mostra personale di Loredana Longo che si terrà fino al 3 luglio negli spazi del Temporary Museum di Palermo abbiamo intervistato la video artista, fotografa e performer catanese che attraverso “Neither here nor there” propone proprio a partire dalla Sicilia un’analisi disincantata della storia contemporanea. Cemento, stracci e uomini dimenticati sono infatti i protagonisti delle opere presentate negli spazi suggestivi della Chiesa di San Mattia dell’ex Noviziato dei Crociferi di Palermo. Nelle opere di “Neither here nor there” la violenza e la rabbia che si palesano in tanti lavori di Loredana Longo lasciano spazio a una violenza più intima e silenziosa che si ripiega su se stessa per diventare tutt’uno con quelle onde del mare che ritirandosi lasciano sulla spiaggia relitti ma anche persone. Vai all'articolo

A Torino Susan Norrie ci parla del rapporto tra umanità e ambiente.
Passando per il Giappone

Autore: Francesca Berardi

Entrando nella galleria Giorgio Persano ci si trova in un enorme spazio completamente oscurato. Una parete è occupata da due grandi proiezioni, e sul lato opposto si stagliano nel buio quattro fotografie e altri due video più piccoli. È Notes for Transit, il nuovo lavoro dell’artista australiana Susan Norrie (Sydney, 1953), che ha già esposto negli spazi di Via Principessa Clotilde nel 2009, dopo la partecipazione alla Biennale di Venezia.
I video in larga scala, montaggi di circa 3 minuti e mezzo sincronizzati in loop, rappresentano due scene ambientate nel sud del Giappone: l’eruzione del vulcano Sakurajima e la partenza di un satellite dalla base spaziale di Tanegashima.
Le fotografie, stampate in un formato che ricorda quello dei poster, sono incorniciate e illuminate da sembrare a prima vista dei lightboxes. I soggetti sono i medesimi delle due proiezioni, trattati con una sensibilità compositiva ed estetica che rivela la passione dell’artista per la storia della pittura.
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Vik Muniz apre il XIV Cinemambiente. “Waste Land”, o del «valore d’ uso» dell’ arte

Autore: Annalisa Pellino

La quattordicesima edizione dell’ Environmental Film Festival di Torino è stata inaugurata quest’ anno dal documentario diretto da Lucy Walker – e candidato agli Oscar – su uno degli ultimi progetti realizzati da Vik Muniz e da un team molto speciale di collaboratori. L’ artista brasiliano ha lavorato per circa tre anni alla periferia di Rio de Janeiro, nella più grande discarica del mondo a stretto contatto con i cosiddetti catadores, i raccoglitori di rifiuti che si occupano di differenziare prodotti di scarto che altri – e altrove – hanno prodotto, risultato di uno stile di vita fatto di cose inutili e sempre più ingombranti, che ormai congestionano e ammorbano le nostre esistenze. Vai all'articolo

I Mean Terms di Ian Hamilton Finlay a Brescia

Autore: Valentina Mariani

Quattro grandi tele di sacco campeggiano su una parete bianca. Rendono un pensiero materia, le parole che lo esprimono oggetto. Sono i Mean Terms, i punti intermedi di Ian Hamilton Finlay. Il Sackcloth è “mean term between terrestrial and celestial”, un termine a metà, per usare le parole dell’artista, tra altri due. La tela grezza incarna lo stile di vita dei Santi e dei Martiri e lo esplicita attraverso le parole stampate: the simplicity, the self-effacement, the aspiration, the constellations, the REVOLUTION of Sackcloth. Vai all'articolo

Padiglione dell’Andorra


Autore: Pier Maurizio Greco

Il piccolo Stato di Andorra partecipa per la prima volta alla 54. Biennale di Venezia, con un Padiglione allestito nella Chiesa di San Samuele, nel Campo omonimo, a pochi passi da Palazzo Grassi. Due gli artisti selezionati dal Ministero della Cultura per la mostra intitolata Oltre la visione, a cura di Paolo De Grandis e Josep M. Ubach Bernada, che s’inserisce perfettamente nel tema generale “ILLUMInazioni”, scelto da Bice Curiger per questa edizione della Biennale, con esplicito riferimento alle variegate identità nazionali e culturali e alla funzione “illuminante” dell’arte, capace di superare i confini delle singole comunità, e consentire diverse modalità di comunicazione e conoscenza. 
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 “Entre siempre y jamàs”. Il Padiglione America Latina – IILA alla 54.
Biennale di Venezia.

Autore: Valentina Mariani

Il 2011 non è solo l’anno del 150° anniversario dell’Unità d’Italia, ma segna anche il coronamento dei festeggiamenti per il Bicentenario dell’Indipendenza dell’America Latina. Tra il 2009 e il 2010, infatti, ha trovato il suo svolgimento, attraverso 15 città del continente sudamericano, il progetto “Menos tiempo que lugar”. “Entre siempre y jàmas” è invece il titolo della mostra del Padiglione America Latina – IILA (Istituto italo – latino americano), che traccia la conclusione del percorso avviato negli ultimi due anni in Sud America. E’ lo scrittore uruguaiano Mario Benedetti a tessere il filo conduttore tra i due eventi espositivi. I due titoli, difatti, sono versi delle sue poesie, che hanno offerto al curatore tedesco Alfonso Hug lo spunto per costruire un percorso affascinante attraverso le nazioni del Sudamerica. 20 sono i paesi latinoamericani rappresentati in questo viaggio, che si dipana tra lo spazio e il tempo, per raccontare la storia e il presente di una terra ricca di tradizioni antiche, ma segnata dalle ferite della colonizzazione e oggi coinvolta nei meccanismi globali. Vai all'articolo

Oleg Kulik non smette di stupire. Scuola Grande di San Rocco, Venezia

Autore: Francesca Caputo

Dal 1 al 16 giungo 2011, all’interno della storica sede della Scuola Grande di San Rocco a Venezia – in Campo San Rocco, dietro la Chiesa dei Frari – sarà allestita la suggestiva video-installazione dell’artista performativo russo Oleg Kulik, Vespri della Beata Vergine. After Monteverdi, a cura di Victoria Golembiovskaya.

L’installazione è presentata dalla Galleria Pack di Milano e dalla RNA Foundation di Londra proprio nel periodo che segna l’inizio della 54° Biennale d’Arte Internazionale di Venezia. Sarà un’occasione per vedere la produzione teatrale dei Vespri della Beata Vergine di Claudio Monteverdi, realizzata da Kulik al Théâtre du Châtelet di Parigi, nel gennaio del 2009; grazie all’utilizzo di video multi-canale proiettati su diversi schermi e sul soffitto della grandiosa ala principale della Scuola Grande di San Rocco. 
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La fortuna di Rousseau in Italia da Soffici e Carrà a Breveglieri alla Fondazione Stelline


Autore: Giulio Cattaneo

Ancora pochi giorni, fino al 1 giugno, salvo proroghe, per apprezzare Lo stupore nello sguardo. La fortuna di Rousseau in Italia da Soffici e Carrà a Breveglieri, esposizione realizzata con estrema dovizia e ricercatezza dalla Fondazione Stelline, con la curatela di Elena Pontiggia.

Non una mostra per far grandi numeri, per attrarre capitali, investitori e file chilometriche, ma piuttosto la sana volontà, sforzo di studi e ricerche, di ricostruire un attento percorso che parte dalla volontà di indagare l’eredità di Rousseau in Italia, giungendo a mostrarci inedite tele del multiformico Carrà, sempre capace di farci restare letteralmente a bocca aperta, per chiudere con una sezione interamente dedicata alla ri-scoperta di Breveglieri (1902-1948), dopo trent’anni dalla sua ultima antologica. Dell’artista milanese sono esposte tutte le opere più importanti, nella quali ritroviamo la Milano più caratteristica, San Siro, Lambrate, i giardini pubblici di Palestro, restituiti con una geniale ingenuità pittorica, che trasfigura la metafisica città sironiana in una trasognata e magica Milano a prova di bambino. 
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 Gli Eroi della GAM di Torino

Autore: Sara Panetti

Se si pensa di poter incontrare alla mostra di Eccher alla GAM una declinazione per immagini della più moderna accezione di eroismo si fa un grosso errore, tanto più se ci si aspetta di trovarsi travolti da una figurazione altisonante e invasiva.

Nell’interpretare il termine “eroi” in senso letterale si rischia infatti di scontrarsi con il disinganno di un clima asettico e un po’ sottotono che di prim’impatto risulta spiazzante. Nulla stride, nulla urta, né si è violati da grida cromatiche o performative, ma appena sfiorati da sussurri di fondo che provengono da alcune video installazioni, nonostante i cartelli posti in ingresso segnalino ai visitatori più sensibili la forza d’impatto di certe opere. 
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Jim Goldberg. Deutsche Börse Photography Prize 2011

Autore: Viviana Pozzoli

“A documentary storyteller” è la garbata quanto affascinante definizione che dà di sé Jim Goldberg, il fotografo americano, fresco vincitore del Deutsche Börse Photography Prize 2011, che ha consacrato gli anni più recenti della propria attività alle storie dei cosiddetti “nuovi europei”: uomini e donne testimoni di sofferenze e soprusi, ma anche di una tenace speranza; profughi, clandestini e rifugiati in fuga da scenari di guerra, oppressioni, povertà, violenze e realtà devastate dalla piaga dell’Aids per cercare di raggiungere l’Europa e iniziare una nuova vita.
Membro dell’agenzia Magnum e vincitore nel 2007 del Premio Cartier-Bresson, Goldberg ha votato tutta la sua ricerca all’analisi dei mutamenti sociali e antropologici che coinvolgono i diversi volti delle società contemporanee, secondo un approccio, per certi versi molto vicino al cinéma vérité, di tipo narrativo e sperimentale. I suoi progetti fotografici, da Rich and Poor (1977-1985), a Raised by Wolves (1987-1993), fino all’attuale Open See (dal 2003) – confluiti in celebri volumi ed eventi espositivi – raccontano di realtà ai margini, al di fuori del mainstream, e lo fanno altresì grazie a un uso innovativo di parole e testi, spesso scritti dagli stessi protagonisti degli scatti, che si mescolano alle immagini aprendo a dimensioni empatiche inaspettate.
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Anticipazioni dal Padiglione Austriaco


Autore: Rita Salis

Uno dei padiglioni della 54° Biennale di Venezia che promette grandi cose è sicuramente quello austriaco. Infatti basta citare solo i nomi del commissario e del solo artista che rappresenterà quest'anno l'Austria, per capire che sarà un allestimento di grande interesse e che susciterà la curiosità di molti. La curatrice che prende il testimone che è stato portato nel 2009 da Valie Export e Silvia Eiblmayr è Eva Schlegel (classe 1960) artista che vive e lavora a Vienna e che ha già partecipato due volte alla Biennale, mentre l'artista che sta già lavorando all'interno del padiglione costruito da Hoffman nel 1934 è Markus Schinwald nato a Salisburgo nel 1979 e che vive tra Vienna e Los Angeles. Nonostante sia un giovane artista, ha realizzato importanti lavori che sono stati esposti in importanti rassegne internazionali, tra cui: nel 2009 a Bregenz una mostra presso la Kunsthaus, presso il Migros Museum fur Gegenwartskunst a Zurigo nel 2008; nel 2007 ha esposto al MAMbo, presso la Tate Modern a Londra con la mostra “The world is a stage”, a Vienna presso l'Augarten/Belvedere, Contemporary Museum, alla Triennale di Milano e alla Berlin Biennal; mentre nel 2004 la sua esposizione dal titolo “Markus Schinwald-Tableau Twain” è stata esposta a Francoforte; non si può infine non ricordare la mostra “Dictio Pii” nel 2001 presso il Moderna Museet a Stoccolma. 
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Frammenti della dialettica tra arte e impegno sociale al Museo del Novecento di Milano


Autore: Francesca Caputo

Un tentativo di radicale mutamento della ricerca visiva e della sua rete di diffusione fu portata avanti in Italia – tra la fine degli anni Sessanta e l’inizio degli anni Settanta – da un coacervo eterogeneo di esperienze artistiche in cui centrale era il rapporto immediato con la realtà. Iniziò così a prendere forma nel nostro Paese una proposta di opposizione operativa dove la pratica e la discussione artistica non si conformarono a un’idea di cultura intesa come evasione o omologazione più o meno consapevole alle logiche di potere. Assunsero anzi come cardine la volontà di rimettere in discussione i ruoli stabiliti entro il sistema dell’arte e dell’industria culturale, affermando la necessità di trovare canali alternativi per la diffusione e la conoscenza della loro ricerca.
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Ultimo aggiornamento:  13-10-22