Progetto espositivo a cura di Roberto Lacarbonara
e Gaspare Luigi Marcone che coinvolge dodici artisti italiani chiamati a esporre sculture e installazioni realizzate in ceramica presso
BuildingBox dal 12 gennaio 2024 all’11 gennaio 2025
Faventia - Ceramica italiana contemporanea Roberto Lacarbonara (Bari, 1981), giornalista e
curatore di arte contemporanea, è Direttore artistico del museo CRAC Puglia –
Centro Ricerca Arte Contemporanea (Taranto) e Codirettore della Fondazione
Biscozzi | Rimbaud (Lecce), curatore della Fondazione Museo Pino Pascali (Polignano
a Mare), docente di Storia dell’Arte all’Accademia di Belle Arti di Lecce.
Collabora con il quotidiano La Repubblica e con il periodico Espoarte. Tra i
suoi libri si ricordano: Giuseppe Capogrossi e l’architettura, Silvana
Editoriale, Cinisello Balsamo – Milano, 2023; Luciano D’Alessandro. L’ultimo
idealista, Postcart, Roma, 2021; Passages/Paysages, Mimesis, Sesto San Giovanni
– Milano, 2020; Pino Pascali Fotografie, con A. Frugis, Postmedia Books, Milano,
2018. Tra i recenti progetti curatoriali istituzionali: Lisetta Carmi.
Identities (con G. B. Martini, Estorick Collection, London, 2023); Nico
Vascellari. Tre quattro galline (con P. P. Pancotto, Fondazione Pino Pascali,
Polignano a Mare, 2022-2023); Pino Pascali. From Image to Shape (con A. Frugis,
Palazzo Cavanis, 58. Biennale Arte di Venezia, Venezia, 2019). BUILDING è un progetto dedicato all’arte nelle
sue più varie forme di espressione situato nel centro di Milano. Nata nel 2017
dalla visione di Moshe Tabibnia, BUILDING è incentrata su una ricerca artistica,
storica e contemporanea, volta verso una nuova idea di galleria d’arte, in cui
cultura e mercato avanzano paralleli. 12 gennaio – 11 febbraio 2024 13 febbraio – 11 marzo 2024 12 marzo – 11 aprile 2024
Lorenza Boisi
Ondulux, 2017-2024
ceramica secondo fuoco
installazione, misure complessive variabili
Il terzo appuntamento della rassegna FAVENTIA. Ceramica italiana contemporanea è dedicato all’opera Ondulux (2017-2024) di Lorenza Boisi (Milano, 1972) composta, si potrebbe dire, da frammenti biografici colorati, realizzati in questi ultimi anni. Alla stregua di vecchie lamiere ondulate, adoperate nelle coperture provvisorie o semipermanenti di edifici industriali, le lastre di ceramica di Boisi appaiono logore, consunte e frammentarie, bucate in più parti, come estratte da una originale allocazione a esaurimento della propria funzionalità. All’origine della scultura, un ricordo d’infanzia: un evento meteorologico violento degli anni Settanta che, tra tetti scoperchiati di case e capannoni, alberi sradicati e la disperazione della gente, segnò la memoria dell’artista “per via dell’inatteso arrivo di una vasta lastra di ondulux tipicamente verde, strappata chissà da quale dove, per atterrare sul nostro giardino pensile”. Emulando la forma modellata nel tipico profilo “a onda” – concepito nelle lamiere di plastica o metallo per aumentare la resistenza agli sforzi di flessione – Boisi alimenta l’ambiguità visiva e giunge alla sottile contraddizione tra materiali estremamente differenti in termini di impiego e resistenza. Della fragilità della ceramica sappiamo. Conosciamo gli usi affettivi e domestici, le antiche testimonianze di civiltà che, dalla forgiatura della terra, traevano forme e sostegni, ma anche ornamento e figure. Boisi attinge, innanzitutto, alla produzione di fabbrica, approdando a un modello, a una soluzione e a una superficie capaci di mostrare tanto la linearità del disegno progettuale e serializzato, quanto l’irregolarità e imperfezione di un fare manuale, irregolare e non funzionale. Da tempo al centro della produzione dell’artista milanese, le sue sculture in ceramica rivelano l’immediata esigenza di plasmare la materia in assoluta autonomia, senza mai demandare alle maestranze.
Un approccio che ben si addice alla ricerca di immediatezza espressiva, esistenziale ed emotiva nel segno pittorico e scultoreo, laddove le forme, le narrazioni, gli echi mitici e gli oggetti della memoria personale compongono un universo plastico dalla forte “emotività concettuale”, come spesso dichiara l’artista. Gesti liberi e cromie accese di gusto genuinamente naïf accanto a un’esibita perizia tecnica e sintesi formale, come nelle opere in mostra che, occupando lo spazio per via di illogiche disposizioni e sovrapposizioni, rivelano la sua connaturata insubordinazione, fuggendo dalla presunta simulazione dell’oggetto verso l’invenzione di un corpo-onda che ostenta la sua pelle smaltata di nuova luce e trasparenza. “L’ondulux ha un bellissimo nome: Luce ondulata; sì, perché è come guardare, attraverso quelle increspature, dei bassi fondali” ricorda l’artista. Le particolari cromie dei lavori sono state realizzate nei laboratori del Museo Carlo Zauli di Faenza.
Cenni biografici
Lorenza Boisi (Milano, 1972) vive e lavora tra Milano e il Lago Maggiore. Ha studiato alla Royal Dutch Academy de L’Aia, alla Leith School of Art di Edimburgo, a Villa Arson a Nizza e si è specializzata in filologia germanica presso IULM – Istituto Universitario Lingue Moderne di Milano; la passione per la ceramica, appresa a Faenza e da autodidatta, è stata perfezionata presso CERCCO – Centre d’expérimentation et de réalisation en céramique contemporaine di Ginevra. Lavora con gallerie quali Ribot Gallery di Milano, Marignana Arte di Venezia, Traffic Gallery di Bergamo. L’artista ha rivestito un ruolo da protagonista – o come ama definirsi da “agitatrice culturale” – nella fondazione e gestione di vari progetti e spazi sperimentali (MARS – Milan Artist Run Space di Milano, CARS – Cusio Artist Residency Space di Omegna); è stata direttrice del MIDeC – Museo Internazionale del Design Ceramico di Laveno Mombello.
Ha esposto in numerose mostre personali e collettive presso musei e gallerie internazionali. Tra le recenti mostre personali istituzionali: In fondo dal giardino, un volto verde, MIC – Museo Internazionale delle Ceramiche, Faenza (2017); Un Dimanche à la Campagne, Villa Vertua Masolo, Nova Milanese (2017); Luxe, calme & volupté – Vitrine Carte Blanche, Musée Ariana, Musée suisse de la céramique et du verre, Ginevra (2015). La sua produzione in ceramica è stata esposta in diverse rassegne internazionali tra cui: In Bianco. La Porcellana nella ceramica d’arte italiana, International Ceramic Art Biennale di Jingdezhen (2022) poi allestita anche al Palazzo del Podestà di Faenza (2023); Italia Zokugo, Istituto Italiano di Cultura di Tokyo, Tokyo (2021); Passaggi di Stato, Reggia di Caserta, Caserta (2018); Materia Montelupo, Palazzo Podestarile, Montelupo Fiorentino (2017-2018) mentre la sua attività pittorica è stata recentemente esposta nella grande collettiva Pittura Italiana Oggi presso la Triennale di Milano (2023-2024).
Dal 12 gennaio 2024 all’11 gennaio 2025, BUILDINGBOX
presenta FAVENTIA. Ceramica italiana contemporanea,
un progetto espositivo a cura di Roberto Lacarbonara
e Gaspare Luigi Marcone che coinvolge dodici artisti
italiani chiamati a esporre sculture e installazioni
realizzate in ceramica: un programma dedicato alla
secolare tradizione artistica della città di Faenza,
tra i principali distretti produttivi nazionali,
nonché sede ed epicentro di progetti e musei
tematici come il “MIC Museo Internazionale delle
Ceramiche”, il “Premio Faenza” e il “Museo Carlo
Zauli”. Inoltre, la rassegna nasce come forma di
omaggio verso un territorio segnato dall’alluvione
del maggio 2023. Come nella consueta programmazione
annuale di BUILDINGBOX, la rassegna ospita
interventi a cadenza mensile. In questa edizione, la
presentazione delle opere avverrà il 12 di ogni
mese: “numerologia” che allude alla ciclicità e alla
sintesi tra elementi terreni, spirituali e
temporali, oltre alle numerose simbologie legate al
numero 12 nella storia e nelle culture di diverse
parti del mondo.
Il progetto rappresenta una mappatura e una sintesi
di alcune delle principali espressioni artistiche
legate alla ceramica del XX e XXI secolo,
promuovendo un avvicendamento tra autori di diverse
generazioni che, in maniera ricorrente o sporadica
rispetto alla propria produzione, usano le tecniche
di lavorazione dell’argilla proseguendo, recuperando
o rivoluzionando la straordinaria manualità della
formatura e il valore cromatico-luministico delle
smaltature.
Città divenuta sinonimo della ceramica maiolicata in
molte lingue – il francese (faïance), l’inglese (faience)
– l’antica Faventia è terra di produzione artigiana
sin dall’epoca romana, caratteristica che sarà
potenziata nei secoli successivi. In anni recenti
molti sono gli artisti che hanno fatto ricorso alle
fornaci faentine – anche grazie a progetti di
residenze, mostre, workshop, premi, riviste – per la
produzione artistica di sculture di medie e grandi
dimensioni, spesso pensate per uno sviluppo
ambientale e installativo. L’atto primario e
demiurgico di forgiare la terra conferisce alla
ceramica uno statuto esclusivo, quasi un’ontologia,
la condizione aurorale della scultura.
Nell’immediatezza plastica della manipolazione che
precorre la cristallizzazione di una cottura, vi è
tutta la naturalezza di un procedere per
trasformazioni lente e meditate tra progettualità e
casualità. Nella ceramica, come in un disegno, c’è
il seme di un’origine, quella sorgività
dell’immagine e delle cose nell’attimo stesso del
loro concepimento. Dunque, la ceramica – al di là
delle categorizzazioni tra artigianato, arte,
oggetto d’uso, pezzo unico o seriale – detiene una
intermedietà (o intermedialità) tra pensiero e
gesto, tra segno e plastica, tra forma e colore
operando, inoltre, con vari elementi naturali come
terra, acqua e fuoco e ibridando linguaggi,
tecniche, ricerche e conoscenze tra gli artisti e
gli artigiani.
a cura di Roberto Lacarbonara e Gaspare Luigi Marcone
dal 12 gennaio 2024 all’11 gennaio 2025, 12 artisti in 12 mesi
BUILDINGBOX
via Monte di Pietà 23, 20121 Milano
Visibile 24/7
Ufficio Stampa BUILDING
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Alessandra de Antonellis | E-mail: alessandra.deantonellis@ddlstudio.net
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1287.840
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3343.937
Gaspare Luigi Marcone (Terlizzi, 1983) vive e lavora a Milano. Laureato in
Storia e critica dell’arte all’Università degli Studi di Milano dove ha anche
conseguito il dottorato di ricerca in Scienze del patrimonio letterario,
artistico e ambientale e ha collaborato con il Dipartimento di Storia dell’Arte.
Dal 2015 è cofondatore e Direttore artistico di The Open Box – Milano. Ha curato
mostre e pubblicato testi critici su vari artisti del XX e XXI secolo per musei
pubblici, istituzioni e gallerie private. Tra i suoi libri si ricordano: Piero
Manzoni, Scritti sull’arte, Abscondita, Milano, 2013; Piero Manzoni, Diario,
Electa, Milano, 2013; Fontana, Baj, Manzoni 1958 – 2018, Carlo Cambi Editore,
Poggibonsi – Siena, 2018; Piero Manzoni: Writings on Art, Hauser & Wirth
Publishers, Zürich, 2019. Tra i recenti progetti curatoriali istituzionali:
Lucio Fontana. Autoritratto (con S. Roffi, W. Guadagnini; Fondazione Magnani
Rocca, Mamiano di Traversetolo – Parma, 2022); Goldschmied & Chiari. Eclisse
(Museo Novecento, Firenze, 2019); Gianni Caravaggio. Iniziare un tempo II (Museo
Novecento, Firenze, 2018-2019); Piero Manzoni. Solo (Museo Novecento, Firenze,
2018).
BUILDING si presenta come una costellazione composta da diversi spazi e
progettualità, in cui giovani protagonisti della scena internazionale, artisti
affermati e storicizzati, così come artigiani e designer si incontrano in
un’ottica di scambio intergenerazionale e sconfinamento di discipline, mirando
ad una costante sperimentazione e creazione di cultura.
In questa visione si inseriscono inoltre: BUILDINGBOX, un progetto espositivo
annuale situato all’interno di una delle vetrine di BUILDING, fruibile
dall’esterno 24 ore su 24, 7 giorni su 7, che ospita a cadenza mensile opere
legate tra loro da un fil rouge temporale; BUILDING TERZO PIANO, uno spazio che
nasce dal desiderio di esplorare la creatività in tutte le sue sfaccettature e
la cui identità si svilupperà nel tempo seguendo una programmazione
indipendente.
BUILDINGBOX, è un progetto espositivo inaugurato nel settembre 2018, situato in
una delle vetrine di BUILDING affacciate su via Monte di Pietà. Attraverso la
sua collocazione – compresa all’interno della galleria ma fruibile dall’esterno
24 ore su 24, 7 giorni su 7 – BUILDINGBOX riflette l’obiettivo per cui è stato
creato: costruire un luogo indipendente caratterizzato da un progetto autonomo
rispetto alla programmazione delle mostre che BUILDING ospita durante l’anno.
BUILDINGBOX è un luogo che si basa su un’estensione temporale annuale ove le
opere sono legate fra loro da un fil rouge che si svilupperà nel tempo, invece
che nello spazio: un tempo continuo, presente, ripetuto, che amplia e dilata le
possibilità e le varianti espositive che BUILDING è in grado di offrire. Questa
vetrina ospita diversi artisti e designer, cicli di mostre e progetti
temporanei, offrendo un approfondimento di tipo curatoriale su molteplici
tematiche artistiche.
BUILDINGBOX ha inaugurato nel settembre 2018 con l’esposizione 5779, a cura di
Nicola Trezzi. Basato sul calendario ebraico, il progetto analizzava una logica
di sradicamento del fare mostre basata sulla predominanza del tempo sullo
spazio.
Da ottobre 2019 a gennaio 2021, ha ospitato il secondo ciclo espositivo Dalla
sabbia, opere in vetro, a cura di Jean Blanchaert e in collaborazione con
Berengo Studio, dedicato al vetro come medium espressivo e quindi come simbolo
della creazione artistica.
Nel 2021 BUILDINGBOX ospita il progetto La forma dell'oro a cura di Melania
Rossi che ha affrontato il tema dell’utilizzo dell'oro nella ricerca artistica
contemporanea, osservato sia con seduzione alchemica che con volontà
dissacratoria.
Nel 2022, in occasione del quinto anniversario, lo spazio ha presentato il
progetto espositivo Flashbacks, a cura di Alice Montanini, che ha ripercorso le
tappe più importanti dell’attività di ricerca e promozione artistica di
BUILDING. Nel 2023 BUILDINGBOX ospita Equorea (di mari, ghiacci, nuvole e altre
acque ancora), progetto espositivo a cura di Giulia Bortoluzzi, dedicato
all’approfondimento del tema dell’acqua come emblema di ogni forma di vita e
come fonte di ispirazione artistica.
Gianni Caravaggio
Coppia con sentimenti antichi, 2016
terracotta refrattaria
opera composta da due elementi: 31,7 x 28 x 49,5 cm e 31,8 x 26 x 50,5 cm
Il primo artista ospitato nella rassegna FAVENTIA. Ceramica italiana
contemporanea è Gianni Caravaggio (Rocca San Giovanni, 1968), con l’opera Coppia
con sentimenti antichi (2016) in argilla rosa refrattaria che dona effetti
carnosi e “umanizzanti” alla scultura. Una scelta che risale alla ricerca di un
archetipo, di una primarietà espressiva definita dalla tecnica e dalla materia
oltre che dai riferimenti simbolici e iconologici della scultura. La forma
cilindrica d’argilla, sezionata in due parti con l’impiego di un filo di ferro
con l’argilla ancora fresca, mostra i segni del taglio inferto al volume
compatto e qui dischiuso per assumere nuova configurazione. Una fenditura che, a
ben guardare, rivela l’imperfetta coincidenza delle due sezioni, mostrando la
non-corrispondenza e l’assoluta individualità dei soggetti che compongono la
coppia.
È proprio il tema della coppia che Caravaggio interroga, rievocando il celebre
Simposio di Platone (IV secolo a.C.) in cui si narra del gesto perentorio di
Zeus che recide l’originaria unità dell’individuo, frantumandone la totalità,
producendo la distinzione tra il maschile e il femminile e destinando gli uomini
alla perenne ricerca di una perduta perfezione. Da qui la scelta di disporre i
due corpi della scultura in direzione opposta, assumendo una postura che allude
alla “forma melanconica” dell’infinito e segna l’apertura verso un destino
ignoto. Nel mostrare i propri sentimenti e la propria interiorità, le due anime
fronteggiano la storia e giungono all’eterno in un accordo che unisce ma non
lega. Attraverso questa soluzione, Caravaggio ispeziona un tema arcaico molto
ricorrente nelle terrecotte etrusche figurate che, apposte sui sarcofagi degli
sposi, immortalavano la relazione tra i due coniugi oltre a rievocare,
indirettamente, l’atto veterotestamentario della creazione/separazione di Adamo
ed Eva. Inoltre, se il linguaggio mitico narra di Chronos, dio del tempo, che
taglia le ali di Eros riportando sulla terra l’amore idealizzato ed etereo,
denotando contemporaneamente la volontà del tempo di dominare l’amore, anche
questo atto che separa e allontana le sculture sa produrre una dimensione nuova,
riportando il dualismo nel cuore dell’unità e consegnando la totalità all’eterno
divenire. Per Caravaggio la scelta della materia è sempre emblematica divenendo
“materiale” artistico e concettuale: infatti Coppia con sentimenti antichi è
eseguita in argilla, materiale primario e primordiale dell’atto scultoreo.
L’opera è stata realizzata nei laboratori del Museo Carlo Zauli di Faenza.
Cenni biografici
Gianni Caravaggio (Rocca San Giovanni, 1968) vive e lavora a Milano e a
Sindelfingen (Germania) dove è cresciuto fino al 1990. Dopo gli studi in
filosofia all’Università di Firenze, Milano e Stoccarda, nel 1994 si è laureato
all’Accademia di Belle Arti di Brera di Milano dove attualmente è titolare
dell’insegnamento di Scultura. Le differenti soluzioni formali e materiali delle
opere sintetizzano un valore metaforico ed evocativo. Le opere permettono di
creare significato anche attraverso la proposizione del titolo coinvolgendo
l’osservatore con la sua immaginazione e la sua percezione. L’artista definisce
le sue opere come “Dispositivi per atti demiurgici”.
Nel 2002 riceve il premio Fondo Speciale PS1 Italian Studio Program, nel 2005 il
Premio Castello di Rivoli e il Premio Alinovi, nel 2013 il Premio ACACIA.
Caravaggio espone presso gallerie come kaufmann repetto di Milano e New York,
Andriesse-Eyck di Amsterdam e Galerie Rolando Anselmi di Berlino e Roma. La
prima mostra personale la tiene nel 1997 alla Casa degli Artisti di Milano a
cura di Jole de Sanna, Hidetoshi Nagasawa e Luciano Fabro. Nel 1999 partecipa al
workshop della Fondazione Ratti di Como con il visiting professor Haim Steinbach.
Negli anni tiene diverse mostre personali istituzionali in Italia e all’estero:
al Castello di Rivoli per il Premio Castello di Rivoli (2006); Scenario alla
Collezione Maramotti di Reggio Emilia (2008-2009); Enfin seul – Finalmente solo
al Musée d’Art Moderne et Contemporain di Saint-Étienne Métropole e al MAGA di
Gallarate (2014-2015); Iniziare un tempo II al Museo Novecento di Firenze
(2018-2019); Als Natur Jung War al Kunstmuseum Reutlingen/Konkret (2021-2022);
Per analogiam alla Galleria d’Arte Moderna di Torino (2023-2024). Nel 2011, con
il filosofo Federico Ferrari è coideatore del “pensiero/mostra” Arte Essenziale
tenutasi alla Collezione Maramotti di Reggio Emilia e al Kunstverein di
Francoforte (2011-2012).
Liliana Moro
Still Life, 2020
ceramica ingobbiata, foglia di nespolo naturale
opera composta da due elementi in ceramica: 48 x 40 x 42 cm e 46 x 47,5 x 41 cm,
e foglia di nespolo 13 x 37,5 cm
La seconda artista ospitata nella rassegna FAVENTIA. Ceramica italiana
contemporanea è Liliana Moro (Milano, 1961) con l’opera in terracotta ingobbiata
e foglia di nespolo intitolata Still Life (2020). L’artista si confronta con un
genere secolare – la “natura morta” – riattualizzando soggetti, tecniche e
spirito di ricerca. La composizione vede protagoniste due melagrane bianche. Nel
corso dei millenni la melagrana ha avuto moltissime simbologie, allegorie,
metafore; nell’Esodo (28:33), per il manto dell’efod – paramento sacro ebraico –
si legge: “All’orlo inferiore del manto, farai delle melagrane” arrivando a
simboleggiare, secondo alcune tradizioni ebraiche, “onestà” visto – l’ipotetico
– numero di 613 semi o arilli contenuti nel frutto come i 613 precetti della
Torah; attributo della Grande Madre, frutto paradisiaco in alcune religioni
monoteiste, amoroso nel Cantico dei Cantici, di ciclicità tra vita e morte
nell’antichità classica sarà raffigurata anche da celebri artisti del
Rinascimento in opere di soggetto mariano (si pensi a Vittore Carpaccio,
Antonello da Messina o Sandro Botticelli) evocando di volta in volta nel corso
dei secoli fecondità, abbondanza, amore, passione, martirio fino all’unità dei
popoli. Al di là di questi pochi e rapsodici esempi, Liliana Moro, si potrebbe
dire paradossalmente, svuota il frutto lasciandone solo l’epicarpo coriaceo. La
“natura morta” in questo caso è tale perché vittima di una violenza, un foro
concettualmente riconducibile a una picconata o a una beccata lascia intravedere
l’oscurità interna, imperscrutabile, dell’oggetto in contrasto con il candore
esterno. Aggiunge linfa al lavoro un elemento destinato a modificarsi nel tempo
ossia una vera foglia di nespolo, sacro a Chronos, e il cui frutto è simbolo di
saggezza e di pazienza.
Dalle nature morte di profumo metafisico dipinte de Filippo De Pisis alle
“nature” dall’afflato cosmico di Lucio Fontana, l’opera di Liliana Moro, carica
della consueta essenzialità e polisemia, crea ponti tra passato e futuro
riflettendo su temi strettamente contemporanei. L’opera è stata realizzata in
collaborazione con Davide Servadei – Bottega d’Arte Ceramica Gatti di Faenza.
Cenni biografici
Liliana Moro (Milano, 1961) ha studiato all’Accademia di Belle Arti di Brera e
ha insegnato all’Accademia Carrara di Bergamo e all’Università Iuav di Venezia.
Nel 1989 fonda con altri artisti Lo Spazio di via Lazzaro Palazzi a Milano e la
rivista “tiracorrendo” rivitalizzando il panorama artistico milanese. Ne Lo
Spazio di Via Lazzaro Palazzi, che sarà attivo fino al 1993, tiene la sua prima
mostra personale nel 1990. Nel 2012 è stata visiting professor presso la
Fondazione Ratti di Como e nel 2010 e 2014 alla Fondazione Spinola Banna per
l’Arte di Banna-Poirino.
I suoi lavori, rigorosi ed essenziali, ma carichi di vena poetico-evocativa e a
volte di sottile ironia, alternano o amalgamano sculture, installazioni sonore e
visive, fotografie, oggetti, performance rendendo il pubblico parte attiva della
sua ricerca. Ha lavorato con gallerie quali Emi Fontana di Milano, Galleria De’
Foscherari di Bologna, Galerie Michel Rein di Tours e Parigi, Francesco
Pantaleone Arte Contemporanea di Palermo e Milano. Ha esposto in numerosi spazi
nazionali e internazionali e tra i principali progetti personali istituzionali
si ricordano: Migrateurs, ARC – Musée d’Art Moderne de la Ville, Parigi (1993);
De Praktijk, Museum van Hedendaagse Kunst, Anversa (1996); Bonvicini, Moro &
Toderi, De Appel, Amsterdam (1999); In pegno, Museo della Ceramica di Savona,
Palazzo del Monte di Pietà, Savona (2022); Andante con moto, Kunstmuseum
Liechtenstein, Vaduz (2023-2024), in collaborazione con il PAC – Padiglione Arte
Contemporanea di Milano. Ha esposto a Documenta IX, Kassel (1992), alla Biennale
d’Arte di Venezia (1993 e 2019) e alla Quadriennale di Roma (1996 e 2008).
Nel 2023 la sua installazione Sundown è allestita al Parco delle Sculture
ArtLine, Milano.