Dipinti, ceramiche e disegni dal Futurismo al “Novecento” ad un’ultima sorprendente stagione raccoglie una sessantina di opere tra dipinti, ceramiche e disegni di Esodo Pratelli (Lugo 1892 – Roma 1983) alle Pescherie della Rocca di Lugo (RA), città natale dell’artista.
Curata da
Elena Pontiggia e
Massimiliano Fabbri
con la collaborazione di Rita Romeo
e Marco
Pratelli, comprende i
suoi principali capolavori e abbraccia tutto il
percorso dell’artista, dagli esordi simbolisti, con
i suggestivi autoritratti giovanili del 1910 e del
1913, fino alla importante pur se breve stagione
futurista, che comprende tra l’altro i celebri
bozzetti, apprezzati da Marinetti, per le scene
dell’opera L’Aviatore Dro del cugino musicista
Francesco Balilla Pratella.
La mostra prosegue poi documentando l’adesione di
Pratelli, negli anni venti, al Novecento Italiano,
di cui è un emblema la famosa opera Estate, 1930.
Giunge infine all’ultima, sorprendente stagione
espressiva dell’artista, con opere come le nature
morte degli anni ‘50 (tra cui le intense Pannocchie,
1956) e i paesaggi della metà degli anni ‘60,
sospese tra realismo e “non finito”.
Sono opere che disegnano una linea del tempo che si
incrocia e intreccia, da dentro, con le grandi
correnti e i movimenti artistici nazionali e
internazionali, dalle avanguardie al ritorno
all’ordine, fino a un finale più intimista che
rivela in realtà un ulteriore aggiornamento da parte
di Esodo Pratelli, rispetto a quel che accadeva di
nuovissimo in pittura negli anni del dopoguerra, una
volta superata la divisione, anche politica, tra
artisti figurativi e astrattisti. Così sembrano fare
capolino, debitamente digerite, le liberatorie
gestualità informali, le tavolozze e le vivaci
materie pittoriche da ultimo naturalismo portate, e
qui risiede l’invenzione e il cortocircuito,
all’interno di domestiche nature morte. Come dire
che Pratelli trova qui un equilibrio imprevedibile
tra il nuovo e la tradizione, disegnando così una
terza e personalissima via che chiude la mostra
delle Pescherie della Rocca, suggerendo quindi
un’ulteriore apertura.
La mostra si sviluppa con un andamento cronologico
nella successione delle opere ma al tempo stesso si
caratterizza per tracciare, all’interno del suo
percorso espositivo, anche un discorso trasversale
per temi e sui generi, quelli tradizionali della
pittura (ritratto, figura, paesaggio e natura
morta), che cambiano e ritornano ciclicamente nel
corso della sua carriera artistica, ascrivendosi
nello specifico alle singole stagioni e movimenti a
cui Pratelli aderisce via via, perfettamente
inserito e partecipe del suo tempo. Generi che
ritornano trasformandosi negli stili pittorici del
momento e creando, all'interno della mostra, vere e
proprie capsule tematiche attraverso cui si
apprezzeranno, ancora meglio, le costanti, così come
i cambi di direzione e le curve della sua ricerca.
Il paesaggio tra città e natura per il futurismo, la figura e gli affetti per il Novecento italiano, la natura morta e il silenzio dello studio quando ritornerà alla pittura nel dopoguerra, ormai fuori dalla scena. Si tratta di schemi i cui confini, divisioni e margini sono a onor del vero più sfumati e ambigui, eppure esistono delle costanti che in mostra sono sottolineate,nel tentativo di vedere meglio e orientarsi all’interno di una ricerca, quella di Pratelli, complessa e fatta di scarti e strappi, manifesti, adesioni sindacali e battagliere, gruppi e distanze, attraverso le quali lo ritroviamo sempre diverso e altrove, ma anche sempre riconoscibile.
I bozzetti per L’Aviatore Dro di Francesco Balilla Pratella affiancano temperature, atmosfere ed eleganze simboliste per poi incendiarsi improvvisamente, vero e proprio cambio di atto, in tavolozze e pennellate infuocate e vorticanti alla Boccioni, senza per questo mai perdere un certo gusto per una decorazione ritmata e di grande raffinatezza, verrebbe da dire quasi ravennate e bizantina, ai corpi solidi, terrosi, ombrosi e monumentali “alla Sironi” del suo periodo novecentesco. Ma non ci sono qui solo i lavoratori e le professioni, muratori e contadini, fanti o soldati a cavallo, uomini e donne quasi sculture, ma i volti e i corpi sono spesso quelli della vita familiare e degli affetti, bagnati da una dolcezza assente in Sironi, che sia luce, paesaggio, natura o finestra rinascimentale sullo sfondo che pervade la scena di una malinconia più lieve e delicata, offrendoci un’apertura verso il paesaggio e il mondo.
E poi, appunto, i paesaggi, forse il tema più ricorrente, al cui interno, più che altrove, il pittore cambia sovente registro. E a cui ritorna, dove sperimenta e che infine non abbandonerà mai (le ultime opere sono proprio paesaggi finestre, o panorami per dirla in altri termini), da una veduta dei tetti lughesi del 1914 a una prima neve modernissima del 1965 in cui la lezione “non finita” di De Pisis sembra entrare, un capogiro, nei paesaggi anemici e nelle ardite e sapienti soluzioni pittoriche di Mario Schifano, in cui la pittura pare abbandonata prima del tempo, per urgenza e necessaria velocità d'esecuzione.
In mezzo tetti, strade, ponti, viadotti, montagne e paesaggi collinari, case, marine e alberi, città e nature, mari e tramonti, barche e conchiglie, in cui Pratelli guarda e metabolizza trasformando personalmente la lezione dei grandi con cui ha condiviso un tratto importante di strada, dai silenzi incantati di Carrà alle tavolozze antiche e quasi d’affresco di Campigli, fino ai poetici abbandoni di De Pisis, resti commoventi dopo la tempesta.
E le nature morte
degli anni ‘50, che rappresentano il suo ritorno
quasi segreto all’attività pittorica, alcune davvero
sorprendenti per qualità e freschezza pittorica dove
in soggetti davvero poveri e domestici, gli
spaghetti, i finocchi e le pannocchie, apre a nuove
soluzioni, prima solo intraviste forse, di grande
libertà espressiva che per l’energia che qui si
concentra, nelle felicissime cromie, nelle
sensualità materica, nell’audacia e velocità
stenografica delle pennellate, crediamo siano segno
di una conoscenza e studio niente affatto
superficiali di quel che avveniva nella pittura
internazionale, dall’arte astratta all’informale,
fino a quell’ultimo naturalismo, o ultimo
romanticismo e grido italiano fatto dalla grande
tradizione pittorica padana teorizzato da
Francesco Arcangeli.
E Morandi nelle composizioni, nei set allineati come
ultima cena o teatro delle cose e memorie, in cui
gli oggetti si presentano agli occhi del pittore e
ai nostri, inondati di luce. Paesaggio essi stessi.
Micromondi commoventi contro l’oblio.
Le uova di Casorati
che subiscono un ulteriore processo di astrazione
che le asciuga ulteriormente lasciandole a uno
stadio larvale di quasi puro disegno.
Esodo Pratelli (Lugo, 1892 – Roma, 1983) è stato un protagonista della
pittura italiana della prima metà del Novecento. Ha lavorato a Milano e
Roma, non solo come pittore, ma anche come scenografo teatrale, regista
e sceneggiatore cinematografico.
ESODO PRATELLI. UN RITORNO A CASA
Per poi tornare, in senso cronologico, a una sezione
della mostra che affronta le sperimentazioni di
Pratelli in ceramica, con piatti e vasi finemente
decorati con gusto liberty.
Il percorso espositivo si chiude con un’ultima
sezione ospitata nella adiacente Torre del Soccorso
in cui una quadreria accoglie alcuni stupendi
disegni di Esodo Pratelli, a testimonianza della
grande qualità, libertà e continua evoluzione,
sperimentazione e studio incessante dell’artista,
dalle linee decorative, ritmate e gentili del
simbolismo, alla monumentalità e durezza sintetica
dei disegni preparatori per le grandi opere murali,
dall'espressionismo dei corpi alle magiche atmosfere
e intimità dei volti e dei ritratti.
Interventi di restauro sui dipinti a cura di Angela
Cerreta e Marco Pratelli, sulle opere su carta a
cura di Chiara Fornaciari da Passano.
Nel 1906 si iscrive al ginnasio e frequenta la Scuola Comunale di
Disegno e Plastica, fondata nel 1883 dal pittore e scultore Domenico
Visani (Cotignola, 1859 – Lugo, 1930).
Grazie a una borsa di studio triennale concessa dal comune di Lugo con
il concorso Compagnoni, si iscrive alla Scuola d’Arte di via Ripetta a
Roma e si diploma nel 1912. Completa la sua formazione all’Accademia di
Francia a Villa Medici.
Vicino alle suggestioni simboliste durante la giovinezza, tra Klimt e
Beardsley, si avvicina nel 1913-1914 al futurismo, complice anche un
lungo soggiorno a Parigi dal 1912 al 1914, dove frequenta Severini,
conosce Gris e Delaunay e vede nel 1913 la personale di Boccioni, di cui
diventa intimo amico.
In questo periodo realizza le scenografie e i costumi dell’opera
musicale “L’Aviatore Dro” di Balilla Pratella, che andrà in scena a Lugo
il 4 settembre 1920. I suoi bozzetti entusiasmano Marinetti, che a Lugo
frequenta il cenacolo di Pratella.
Nel settembre del 1917, anche se si trova al fronte, è presente alla
Esposizione Interregionale d'arte di Lugo.
Nel 1919 si stabilisce a Milano. Negli anni venti aderisce al Novecento
Italiano, teorizzato da Margherita Sarfatti, ed è vicino particolarmente
a Sironi e Funi. Èinoltre amico di Rambelli, che a Lugo firmerà il suo
capolavoro, il grande monumento dedicato all’eroe del cielo Francesco
Baracca.
Pratelli collabora attivamente anche alla nascita della Corporazione
delle Arti Plastiche, di cui è membro del Direttorio insieme a Carrà,
Soffici e altri. Nel 1926 è nominato docente e poi direttore della
Scuola D’Arte Applicata del Castello Sforzesco. L’anno successivo
diviene segretario del Sindacato Fascista Belle Arti di Milano.
Partecipa a mostre nazionali e internazionali, tra cui le Biennali di
Venezia dal 1928 al 1934 e la Quadriennale di Roma del 1931, e alle
varie mostre del Novecento Italiano. Nel 1934 insieme a Sironi, Arturo
Martini, Campigli, Marini e altri artisti firma il Manifesto contro il
sistema dell’arte basato su mostre e mercato.
Nel 1935 si trasferisce a Roma. Dalla metà degli anni trenta si dedica
al cinema e nel 1936 entra a far parte della Direzione generale della
cinematografia. Cura poi la regia di alcuni fortunati film, come “Pia
de’ Tolomei”, “Se non son matti non li vogliamo” e “A che servono questi
quattrini?” con Eduardo e Peppino De Filippo. Durante la guerra inizia a
lavorare a un film, abbandonandone poi la lavorazione: sarà Vittorio De
Sica a portarlo a termine con il titolo “La porta del cielo”. Il
distacco dalla pittura, a cui pure Pratelli torna sistematicamente già
nell’immediato dopoguerra, contribuisce però ad avvolgerlo in un cono
d’ombra. Sempre nel dopoguerra gira alcuni documentari sulle arti
figurative.
Nel 1978 il Comune di Lugo gli dedica una mostra antologica a Palazzo
Trisi.
Importanti opere dell’artista sono custodite in musei nazionali e
internazionali, e in collezioni pubbliche e private.
Nel mese di aprile 2025 una grande mostra antologica presso il Centro
Culturale di Milano, accompagna la pubblicazione della monografia Esodo
Pratelli. Dal futurismo al “Novecento” e oltre, entrambe a cura di Elena
Pontiggia (Silvana Editoriale). Il libro, oggi il più completo
sull’artista, ne ricostruisce analiticamente la vicenda, pubblicando
anche carteggi inediti e rivelatori. L’autrice sottolinea in particolare
la raffinatezza della ricerca di Pratelli, i suoi toni intimi,
l’attenzione alla natura che percorre non solo i suoi paesaggi, ma tutte
le sue composizioni. Scrive Elena Pontiggia:“I suoi temi confidenziali,
i suoi paesaggi urbani e i suoi paesaggi senza aggettivi, hanno troppo
valore per essere relegati nella Scatola delle cose dimenticate, il
titolo di un quadro del 1967, che è anche una trasparente metafora della
sua vicenda espressiva”.
Dipinti, ceramiche e disegni dal Futurismo al “Novecento” ad un’ultima
sorprendente stagione
A cura di
Elena Pontiggia e Massimiliano Fabbri
Con la collaborazione di
Rita Romeo e Marco Pratelli
Pescherie della Rocca, Lugo (RA)
7 dicembre 2025 – 25 gennaio 2026
Inaugurazione
sabato 6 dicembre, ore 18.00
Progetto espositivo a cura di
Lugo Musei | Museo Francesco Baracca / Casa Rossini
In collaborazione con
Apertura e sorveglianza sedi espositive
PROGRAMMA
ore 16.30 | Salone Estense della Rocca
Presentazione della monografia di Elena Pontiggia Esodo Pratelli. Dal futurismo
al “Novecento” e oltre (Silvana Editoriale, 2024) accompagnata da una proiezione
di immagini.
ore 17.30 | Introduzione al progetto espositivo e saluti istituzionali
ore 18.00 | Pescherie della Rocca | Apertura della mostra
INFO
Pescherie della Rocca
Largo del Tricolore 1, Lugo (RA)
Orari di apertura: giovedì e venerdì dalle 15.30 alle 18.30; sabato e domenica
dalle 10.00 alle 12.00 e dalle 15.30 alle 18.30.
Ingresso gratuito
Contatti
museobaracca@comune.lugo.ra.it| +39 0545 299105
www.comune.lugo.ra.it|www.museobaracca.it
Ufficio stampa mostra
SaraZolla |press@sarazolla.com | +39 3468457982