Mostra bipersonale degli artisti Elena Frazzetto e Francesco Grasso a cura di Arianna Sartori dal 12 al 30 aprile 2025 presso la Galleria Arianna Sartori di Mantova. Presentazione di Giuseppe Bella. 
							
							 
							
							Ritornano gli Artisti Elena 
							Frazzetto e Francesco Grasso con la nuova 
							mostra “Dei fiori e altri incanti” alla 
							Galleria Arianna Sartori di Mantova (via 
							Cappello, 17), dove nel 2024 hanno presentato la 
							mostra “Del colore, anzitutto” e nel 2023 la mostra 
							“Fantastiche visioni cromatiche” ed in entrambe le 
							occasioni hanno suscitato interesse da parte del 
							pubblico e della critica.
							
							La mostra sarà inaugurata Sabato 12 aprile alle ore 
							18.00 alla presenza degli Artisti.
							
							L’esposizione, presentata da Giuseppe Bella e 
							curata da Arianna Sartori, sarà aperta al 
							pubblico fino al 30 aprile 2025 con orario: dal 
							Lunedì al Sabato 10.00-12.30 e 15.30-19.30, chiuso 
							Domenica e Festivi
							 
							
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							ELENA FRAZZETTO è nata a Catania nel 1957 dove vive 
							e lavora. Inizia i suoi studi artistici presso il 
							Liceo Artistico Statale di Catania. Frequenta i 
							Corsi di Pittura e di Scultura dell’Accademia di 
							Belle Arti di Catania e consegue la laurea 
							Specialistica di Decorazione. Dal 1986 al 2019 ha 
							insegnato “Laboratorio di Decorazione Pittorica” e 
							“Discipline Pittoriche” presso l’Istituto Statale 
							d’Arte di Siracusa e di Catania e al Liceo Artistico 
							Statale M.M. Lazzaro di Catania.Dal 1976 ha tenuto 
							diverse personali e partecipato a numerose mostre 
							collettive e rassegne d’arte.   
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							FRANCESCO GRASSO è nato nel 
							1952 a Catania dove vive e lavora. Ha frequentato 
							l’Istituto Statale d’Arte e l’Accademia di Belle 
							Arti di Catania nel Corso di Pittura diplomandosi 
							nel 1977. Nel 1975 ha ottenuto il 1° premio alla 
							quarta edizione del “Premio Lubiam” di Mantova. La 
							sua prima mostra personale è alla New Gallery di 
							Catania nel 1977. Ha insegnato Discipline Pittoriche 
							e Laboratorio di Tecniche Murali. Dal 1979 al 2018 è 
							docente presso l’Istituto Statale d’Arte di Catania 
							e al Liceo Artistico Statale M.M. Lazzaro di 
							Catania. La sua personale ricerca artistica si 
							sviluppa usando la tela pagina per il suo “diario 
							pittorico” raccontando gli eventi e le esperienze in 
							una sorta di notes autobiografico. Ha partecipato a 
							numerose mostre collettive e rassegne d’arte. Le sue 
							opere sono presenti in collezioni pubbliche e 
							private.
							 
                    	
                        Elena Frazzetto - I fiori, di ogni specie
							
						I fiori. Di ogni specie, in varie fogge. Epifania 
						costante, in pittura. Ditemi: c’è mai stato un artista 
						che non abbia subito il delicato sortilegio del loro 
						apparire? Raffigurano ciò che il bello naturale produce 
						come forme di compiuta e fragile eleganza, con il germe 
						tuttavia del progressivo smorire in marcescenza. Si 
						tratterebbe allora, per lo sguardo, di coglierli o 
						nell’attimo del loro splendore o in quello stadio che 
						prelude al loro essiccamento - in quella fase che si 
						situa tra vividezza e rovina, tra colori che principiano 
						a stemperarsi e un’opacità di morte. Elena Frazzetto 
						sceglie di votarsi a quel tipo di felicità cromatica, a 
						quella voluttà di chiarezza che fu di Matisse; quando 
						pensa ai fiori, li immagina come corpi di colori puri, 
						con predominanza di giallo e di rosso. Ritorna, in 
						questo modo, a quella maniera espressionistica che 
						potremmo definire mediterranea, perché nella temperie 
						solare del Sud trova la sua schietta sorgente. Saremmo 
						persino autorizzati a pensare che la pittura di Elena 
						Frazzetto, pur mantenendo il rispetto della figura, sia, 
						nella sua intima essenza, immateriale. Non si incontra 
						la materia con la sua labile grazia, nelle sue visioni 
						floreali o campestri; né la materia con la sua 
						corruttibile concretezza, la materia che trattiene la 
						luce ma anche la sua ombra, lo spettro della corruzione 
						che inevitabilmente prenderà il sopravvento. Non la 
						materia pereunte, pertanto. Solo luce: la gaiezza del 
						suo manifestarsi. Con i colori attraverso cui si 
						sostanzia. Se non c’è materia, il dolore non avrà campo. 
						Se la materia è ridotta a semplice concrezione di luce, 
						svanisce ogni dissidio tra la figura e l’ambiente in cui 
						si colloca. La figura avrà la medesima natura e qualità 
						dello sfondo; nessuna prerogativa ontologica la stacca 
						da ciò che la contiene e circonda. Ecco, quindi, un vaso 
						con fiori traboccanti. I colori di cui i fiori si 
						adornano sono gli uguali di quelli che tingono la base 
						su cui il vaso poggia nonché lo sfondo che potrebbe 
						essere una parete, ma con identica probabilità anche una 
						banda di cielo iperuranico, sì che il vaso appare come 
						fluttuare danzando su onde di colore. Dai fiori 
						sprigiona un campo di energia espulsiva per cui macchie 
						cromatiche si proiettano tutt’intorno, come quelle 
						esplosioni solari che insinuano nelle tenebre dello 
						spazio lingue di fuoco sfrangiate e vibranti.
						
						I fiori, in questa poetica di Frazzetto, non hanno nome; 
						non importa che l’abbiano. Come in quel verso 
						balbettante della Stein (“Una rosa è una rosa è una 
						rosa”), possiamo qui ripetere, ribaltando: “Un fiore è 
						luce è luce non altro che luce”.
						
						Ma non solo fiori Elena dipinge; anche paesaggi, alcuni 
						ottenuti, con tecnica collagistica, distendendo lembi e 
						scarti di giornali, che costituiscono l’insolita 
						campitura per la successiva applicazione di carte veline 
						percorse da bande di tenui colori (azzurro, giallo 
						paglierino, verde); si colgono pure segni come riccioli 
						o svirgolature ornamentali. Qui c’è materia, ma non è la 
						materia a cui comunemente si pensa; è materia, per così 
						dire, denaturata. Oppure: declinata per allusioni o 
						simulazioni, perciò vuota di sostanza e presentata nel 
						suo nudo profilo di linee e onde e rotondità collinari. 
						Altrove, il paesaggio è dipinto con l’esplicita 
						intenzione di rappresentare una realtà tangibile: e c’è 
						l’albero, immancabile topos figurale, leggero e snello; 
						e il tronco ha il colore del legno giovane, con 
						nervature di verde - lo stesso verde della fronda. Ma 
						ecco che il terreno su cui l’albero si radica, è 
						un’improbabile sovrapposizione di strisce, un nervoso 
						intreccio di fasci colorati in cui è ripreso il tema 
						cromatico del verde e del marrone, oltre al rosso che 
						combinandosi col verde dà un giallo paglierino. Finzione 
						e pretesto, dunque: per inscenare ancora una volta la 
						chiarità di quell’energia primeva che si addensa in 
						materia per rendere palpabile il mistero del creato. Ora 
						si tratta di constatare come Elena Frazzetto affronta e 
						risolve il problema della figura umana. Ho disponibile 
						alla mia osservazione un ritratto di donna. Certo è 
						difficile se non impossibile eludere il tema del corpo 
						fisico, della carne, quando l’artista si pone davanti a 
						una persona con il proposito di trasferirne in pittura 
						(in scultura, in concetto) l’essenza umana (il 
						carattere, il temperamento, le qualità morali); si può 
						nobilitare questo corpo o degradarlo o denigrarlo: ma è 
						lì ed è materia mobile. La nostra artista aggira il 
						punto. Volge lo sguardo al proprio interno, al mondo 
						oscuro del sogno e del ricordo, lì dove le figure sono 
						fantasime, ombre che labilmente si configurano, per poi 
						dissolversi nel nulla come lo spettro della madre, nella 
						Nekyia, che Odisseo tenta inutilmente per tre volte di 
						abbracciare. La donna di questo ritratto flette le 
						braccia unendole ai gomiti e con le mani fa una coppa su 
						cui si adagia il volto; di lei è mostrato soltanto il 
						busto. Tutto è trasparente. Attraverso il corpo si vede 
						lo sfondo; pure qui, ritagli di giornale. Ma è la posa, 
						l’espressione di questo fantasma ciò che si imprime nel 
						nostro sguardo: un fantasma che emerge da un ricordo, un 
						ricordo che nasce da altri sogni.
						
						Giuseppe Bella 
						 
						
						
        
      
    
PRINCIPALI RASSEGNE D’ARTE DAL 2017
2017, Centrum Latinitatis europae – Presidio Arete (APERN) 
							SR - Mostra internazionale di Mail Art. Lidia Pizzo. 
							2019, SPLASH! Un tuffo nell’eros a cura di Giorgio 
							Di Genova, Edizioni Premio Centro – Comune di 
							Soriano nel Cimino (VT). 2020, XLVII Premio Sulmona 
							Rassegna Internazionale d’arte Contemporanea. 2020, 
							Quintetti d’arte a cura di Giorgio Di Genova e Carla 
							Guidi. 2021, Venti per Venti – Bella ciao – Mostra 
							Internazionale del piccolo formato, curata da 
							Gennaro Ippolito e Giovanna Donnarumma, Napoli. 
							2022, Artisti per Nuvolari, Casa Museo Sartori – 
							Castel d’Ario (MN). 2023, Mostra Personale 
							Fantastiche visioni cromatiche, testo di Giuseppe 
							Bacci, Galleria Arianna Sartori Mantova. 2024, 
							Mostra Personale Del colore, anzitutto testo di 
							Corrado Peligra, Galleria Arianna Sartori, Mantova
							
BIBLIOGRAFIA
2017, Percorsi d’Arte in Italia 2017, a cura di 
							Giorgio DI Genova, Enzo Le Pera, Rubbettino Editore, 
							Soveria Mannelli (CZ). Catalogo Mostra SPLASH! Un 
							tuffo nell’eros a cura di Giorgio Di Genova, 
							Edizioni Premio Centro. 2019, Giorgio Di Genova, 
							Carla Guidi - Quintetti d’Arte mostre paradigmatiche 
							e vetrina dell’invisibilità, Robin Edizioni. 2020, 
							Catalogo Il Quadrivio, XLVII Premio Sulmona per 
							“Gaetano Pallozzi”, Rassegna Internazionale D’Arte 
							Contemporanea, Hatria Edizioni. 2021, Giorgio Di 
							Genova, Interventi ed erratiche esplorazioni 
							sull’arte La dialettica del mestiere di un critico. 
							Tre. Gangemi editore. 2022, Artisti Italiani 2022, 
							Catalogo Sartori d’arte moderna e contemporanea a 
							cura di Arianna Sartori. Archivio Sartori Editore. 
							2022, Artisti per Nuvolari “130” anniversario della 
							nascita, ottava rassegna, Archivio Sartori Editore. 
							2023, Fantastiche Visioni cromatiche. Catalogo 
							Giuseppe Maimone Editore. 2024, Del colore, 
							anzitutto. Maimone editore.
                        Francesco Grasso - Ritratto dell’artista da fanciullo
							
						Da giovane pittore, Francesco Grasso amava le tonalità 
						chiuse e mormoranti; il suo culto era dedicato alle 
						cromie uniformi, estese campiture di verde, di blu o di 
						viola talora striate di arancio o di bianco, spesso 
						composte per bande orizzontali, bagnate marginalmente 
						dalla luce, riportanti in superficie i segni del lavorio 
						del pennello, con marcate rigature impresse come obliqui 
						freghi: si intuiva che, sotto, agivano pulsioni a stento 
						trattenute, ciò che dava alla sua pittura un carattere 
						di ricerca irrequieta. Era, quello, il tempo del cielo e 
						delle acque (Cielo, Mare n.1, Cielo, Mare n.2, entrambi 
						del 1980) i quali apparivano ai suoi occhi creati da 
						un’identica sostanza, che poteva indifferentemente 
						collocarsi ora in basso ora in alto; tuttavia, si 
						trattava di una sostanza da cui non si sprigionava 
						serenità, ma un senso di allarme, non proprio di 
						minaccia - ma insomma, c’era in essa come un presagio. 
						Si potrebbe addirittura affermare che, in quegli anni, 
						l’energia creativa di Grasso era dominata, pur lui 
						giovane, dalla figura del Senex - entità archetipica 
						incline alla saggezza ma, insieme, alle meditazioni 
						melanconiche.
						
						Poi, in quello stesso torno di tempo, accadde qualcosa, 
						un evento tale da torcere la direzione del suo sguardo; 
						non più rivolto, questo, alle profondità della mente.
						
						In ogni momento, tutto, occorre dire, è presente in nuce 
						nel mondo immaginifico dell’artista, quindi disponibile 
						all’utilizzo; possono cambiare, come in effetti variano, 
						le forme dell’espressione, secondo le mutevoli tecniche 
						con cui un’idea viene nel tempo resa operante nello 
						spazio dell’azione creativa; ma le configurazioni 
						simboliche rimangono immutate, uguali a se stesse, 
						sempre, mai in sostanza si trasformano, sia che agiscano 
						come archetipi, sia che sgorghino dalle terre profonde 
						della mente.
						
						Due nobili ombre sono solite visitare Francesco nei 
						giorni più grigi e inquieti, nelle ore dominate dallo 
						spleen, quando gli sforzi dinanzi alla tela non 
						producono i risultati voluti; sono i fantasmi mentali di 
						Klee e Kandinsky. Il primo porta con sé l’idea che 
						l’immaginazione, lungi dall’essere una mera attività 
						della mente, separata dalla realtà per quanto a essa 
						funzionale, è - o dev’essere - un esercizio spirituale 
						che dia senso e nobiliti la presenza nel mondo 
						dell’artista. Kandinsky, dalle visioni ugualmente 
						psicagogiche, offre in dono l’idea che forme e colori 
						debbano entrare in un rapporto di reciproca risonanza, 
						animando forme che riemergono dai territori fabulosi 
						dell’infanzia. Ma non sono venuti a impartire lezioni, i 
						due Maestri. Devono aiutare Francesco a tirar fuori da 
						sé gli eidola che ci sono, celati nel fondiglio brumoso 
						dell’inconscio-mare calmo, ma faticano a nascere. Devono 
						adempiere un compito maieutico.
						
						Il δαίμων che guidava l’occhio e la mano di Francesco si 
						raddolcì, pertanto, tralasciò il diletto degli abissi, 
						sia acquorei sia celesti, e scrutò in alto. Sospeso 
						fantasticamente nell’aria immobile, si svelò l’Aquilone. 
						Questa mirabile visione fu propiziata sia dall’influsso 
						dei due Maestri sia, verosimilmente, anche dal fatto che 
						Francesco conoscesse a fondo, apprezzandole, le 
						esperienze neoavanguardistiche della pop art 
						(Michelangelo, acrilico su tela 1982, et alia). Sia come 
						sia, da quel momento il Fanciullo cominciò a crescere 
						negli spazi insondabili dell’animo di Grasso. L’Aquilone 
						rimarrà a lungo una presenza iconica costante nella sua 
						vita artistica: e insieme a esso, quale sfondo gioioso, 
						ecco che il cielo assume un aspetto versicolore, l’aria 
						si scompone in mille e mille molecole sfavillanti. Non 
						c’è decennio, nella produzione pittorica di Grasso, in 
						cui l’Aquilone non faccia la sua apparizione. È un 
						emblema di ardita leggerezza, l’aquilone. All’estremità 
						del filo che lo trattiene dall’involarsi, c’è sempre un 
						bambino, che ride e saltella. Però, anche qui si annida 
						un’ombra. Si rammentino quei versi di Pascoli: 
						l’allegria fanciullesca trascina con sé tristi ricordi, 
						ricordi di morte. Questo per dire che, nelle ultime 
						pitture del nostro, le rondini quali creature aguzze 
						lanciate in voli temerari, i fiori sgargianti e 
						d’incredibile esuberanza, l’intera natura infiammata da 
						un tripudio di colori, celano tutti, sotto una patina di 
						idillio, una segreta inquietudine. Le scene originate 
						dalla fantasia di Grasso, in questi ultimi anni, hanno 
						assunto una valenza vieppiù infantile; quadri ricomposti 
						dagli occhi pieni di stupore di un pittore/fanciullo 
						dinanzi alle fiabe che si rivelano nelle visioni di 
						paesaggi già noti ma riscoperti in nuove configurazioni, 
						e degni di costituire un “diario pittorico”, una sorta 
						di registro degli stupori, delle meraviglie che una 
						collina/mondo/seno-materno, un vulcano eruttante, un 
						trenino dal fumo diffuso come una nuvola puntiforme, 
						suscita negli occhi candidi del bambino scaturito dalla 
						canizie. Un digesto degli incanti, nelle cui pagine le 
						immagini riposino, mentre lievitano dentro l’anima nel 
						silenzio dei giorni e delle notti.
						
						Giuseppe Bella
						
						
						
        
      
    
							
							MOSTRE PERSONALI
							1977, New Gallery Catania. 1979, Galleria Arte 
							centro, Messina. 1984, Galleria Arte Club, Diario 
							pittorico, Catania. 1985, Galleria Due Ruote, 
							Vicenza. 1985, Galleria Il Poliedro Ezio Pagano 
							Artecontemporanea, Bagheria (PA). 1991, Spazio 
							Espositivo Istituto Statale d’arte di Siracusa, 
							testo Giovanni Iovane, catalogo Maimone Editore. 
							1993, Istituto Statale d’Arte Catania, con uno 
							scritto di Manlio Sgalambro, catalogo Maimone 
							Editore. 2000, Galleria l’arte club, di Catania. 
							2007, Galleria L’arte Club, Catania. 2010, Palazzo 
							della Cultura Catania, Omaggio alla musica di 
							Battiato - Sgalambro. 2015, Herborarium Museum, 
							Catania. 2017, Liceo Artistico Statale M.M. Lazzaro 
							Catania, Omaggio a Bianca Boemi. 2018, Palazzo della 
							Cultura Catania, mostra personale e Pubblicazione 
							del Libro Francesco Grasso Diario Pittorico, 
							prefazione di Roberto Fai, Giuseppe Maimone Editore. 
							2023, Galleria Arianna Sartori Mantova, Fantastiche 
							visioni cromatiche, testo di Giuseppe Bacci. 
							catalogo Giuseppe Maimone Editore. 2024 Galleria 
							Arianna Sartori, Mantova, Del colore, anzitutto, 
							presentazione di Corrado Peligra, catalogo Maimone 
							Editore.
							
							MOSTRE COLLETTIVE DAL 2020
							2020, Quintetto d’Arte a cura di Giorgio di Genova e 
							Carla Guidi. 2020, BIAS Biennale Internazionale Arte 
							Contemporanea Sacra, Loggiato San Bartolomeo, 
							Palermo. 2020, BIAS, Palazzo della Cultura Catania. 
							2020, XLVII Premio Sulmona 2020, Rassegna 
							Internazionale d’Arte Contemporanea. 2021, Venti per 
							Venti – Bella ciao, Mostra Internazionale del 
							piccolo formato, curata da Gennaro Ippolito e 
							Giovanna Donnarumma, Napoli. 2022, Premio Cimitile 
							“Alla ricerca della forma dell’acqua” artisti 
							contemporanei per la salvaguardia del pianeta a cura 
							di Giuseppe Bacci. 2022, Artisti per Nuvolari, Casa 
							Museo Sartori, Castel d’Ario (MN). 2023, Galleria La 
							Vite Catania. 2023, Premio Cimitile XXVIII Edizione 
							a cura di Giuseppe Bacci. 2024, Premio Cimitile XXIV 
							Edizione “Nel segno della luce aspettando il 
							Giubileo del 2025” a cura di Giuseppe Bacci. 2024, 
							Civico 23 No Profit Art Gallery, Salerno.