Recensioni
La ricerca in Arte è
molto importante.
Qualcuno ha detto che è tutto nel senso che la capacità costante di misurarsi
con tematiche diverse attraverso diverse formule espressive costituisce un modo
vivace di realizzare a livello più alto il rapporto con il traguardo artistico.
Del resto ogni artista anche se fedele ad un suo particolare modulo espressivo
che inse- gue in genere per anni, affinandone i significati e le implicazioni,
fa ricerca quando assolutizza il legame con la realtà, quando filtra ed elabora
attraverso la materia, non necessariamente diversa anche se diversa lo diventa,
il sentimento ispiratore, la ragione prima di aggregazione.
Far ricerca dunque rappresenta perfino emotivamente un modo dialettico per
intendere ed interpretare il nesso che passa tra Arte ed artista, tra
concepimento del dato artistico, sua elaborazione e sua presentazione come
risultato finale anche se mai del tutto esaustivo. In questa prospettiva si
colloca Giuseppe Signorile che nella sua pluriennale attività ha sperimentato e
verificato se stesso nei confronti dei più diversi materiali, dai bitumi agli
oli, per realizzare l'itinerario sul quale ha camminato la sua inquieta
ispirazione.
Una inquietudine non romantica, emozionale, ma lucida e razionale, proiettata
cioè con i lumi della ragione verso traguardi di consapevolezza espressiva.
Una avventura umana ed artistica le cui tappe si rifanno, a volta a volta, senza
l'affanno delle mode, a timbri astratti, informali, concettuali, fauve, di puro
colore, senza negare incursioni di tipo espressionistico.
Anzi se una connotazione più delle altre balza evidente in tutta la sua nutrita
produzione artistica, è proprio quella della introspezione, dello scavare dentro
al di là della esteriorità, del mettere a nudo il mondo interiore, più attento
ai fantasmi degli uomini e delle cose che all'aspetto apparente della realtà.
Una congenialità per l'approfondimento che deriva a Signorile anche dal suo
ruolo di artista solitario non afflitto da aggregazioni di gruppo, e dalla sua
tendenza ad essere avaro ed asciutto con l'uso del colore come ridondanza
materica.
Si vuole dire che la tecnica di raschiare successivamente il colore impiegato
porta ad essenzializzazioni cromatiche che non possono essere disgiunte da altre
essenziali performances, quelle di carattere tematico.
In questo senso realtà e modo di rappresentare il reale diventano per Giuseppe
Signorile un solo modo di essere, un'unica dimensione espressiva, preoccupato
più di ogni altra cosa di cadenze coerenti per il lavoro svolto, di calibrate
impaginazioni del dipinto, di un discorso insomma avvertibile e fruibile in ogni
opera.
Ed i risultati danno pienamente ragione a questa dimensione che è insieme
culturale ed artistica, sulla quale Signorile poggia anche la forza dei problemi
esistenziali.
Una visione del mondo che se tien conto delle ragioni del "foro" interno non per
questo esaurisce se stessa o i dati dell'indagine al singolo personaggio o alla
singola opera. Ne deriva una corale visione d'insieme della quale si nutre
proprio la capacità continua di ricerca e di studio.
Dagli oli agli acquerelli il passaggio diventa così naturale e fisiologico. La
sua frequentazione con i più esperti acquerellisti tedeschi, i migliori del
mondo come ama dire Signorile, lo hanno portato a ritrovare nel dato tecnico
dell'acquerello, adoperato con sapienza, la possibilità di esaltare altri
percorsi della sua ricerca.
I grandi bianchi splendono alla Turner con la rarefazione dei volumi. C'è la
dilatazione dello spazio a supportare egregiamente intuizioni e fantasie ed il
dato reale non di rado è solo il preteso per giungere ad elaborazioni raffinate
di puro segno o di puro colore, siano le alte pareti a picco di una valle
montenegrina, siano i più familiari approcci al paesaggio di casa nostra.
Comunque si avvertono e si percepiscono vibrazioni coerenti in una proiezione
artistica che non si nega agli intendimenti del ricercatore e ne costituisce
semmai una esaltazione proficua e dilettevole, in un divenire continuo e
perenne.
Fare ricerca significa allora tante cose insieme, una somma di dati che
concorrono tutti ad individuare la cifra di un artista, il suo modo particolare
di esprimersi e di imprigionare la realtà.
A queste condizioni Giuseppe Signorile ha avuto ragione da sempre.
Michele Campione
"Giuseppe Signorile - scrive Manlio Spadaro - è
soprattutto un paesaggista, con tutte le implicazioni del termine. Mi sembra
questa la più importante componente della sua personalità artistica: un senso
profondo della natura, il desiderio di tradurre non tanto l'apparenza, o
analiticamente la struttura, quanto il tono e la suggestione. Da giovanissimo
prese subito contatto con i più recenti sviluppi della pittura, sobbarcandosi
nel contempo ad un apprendistato artigiano nella Bari medievale per lui il
centro naturale di gravità sin dalla fanciullezza. Più tardi conseguì il diploma
di geometra ed intraprese poi gli studi universitari, ma non tralasciò mai
l'impegno per l'Arte, continuamente immerso, vero 'apprendist-sorcies', nelle
sue ricerche, in un antico stanzone, tra vasi, seghe, trapani, pennelli,
tavolozze, colori, tele, cartoni, cornici e crete. A me si presenta sotto due
aspetti caratteristici della vita di tanti artisti: quello diurno, che concilia
le esigenze della famiglia e della professione, e quello notturno, che è il più
radioso, il più affine alla sua identità artistica. E proprio sotto questo
aspetto, Giuseppe Signorile appare un uomo dal pugno duro e dalla mano leggera.
Ma non voglio essere spinto dalla esagerazione di coloro che sentono la loro
infantilità quando studiano un personaggio aureo del passato, quando dico
candidamente che in certi tempi nani come questi che stiamo attraversando,
Giuseppe Signorile può sembrare un gigante. Ridimensionando il discorso,
Giuseppe Signorile quel che vede, immagina, pensa riesce a trasformare in modo
da rendere l'espressione visiva da una tavolozza sontuosa, esaltata e talvolta
delirante di rossi, gialli, bruni, violi, blu che comunicano il piacere con cui
egli si guarda intorno. In quasi tutti i suoi paesaggi, sono accennati la linea
d'orizzonte e il cielo, il primo piano e lospazio in profondità, mentre le forme
sono di ampie dimensioni, con assenza di figure umane che, se ci fossero,
sarebbero piccole, e come sommerse.
Spesso il cielo è cupo; mai però come semplice sfondo, pervaso di una luce
misteriosa, inteso come elemento drammatico. I procedimenti di questa pittura
sono ora a macchie, ora a pennellate rapide e larghe, che raggiungono, a mio
parere, l'impressione più alta in rapide notazioni che mi ricordano gli
acquerelli di Hartley. Ma c'è una particolarità in essi più impegnata a
conferire agli oggetti corposità e solidità reagendo all'esclusiva
preoccupazione per gli effetti luminosi e cromatici, che giunge a conferire
un'importanza determinante ai piani che limitano i volumi degli oggetti al punto
da trasformare i piani stessi in elementi autonomi. Però a questo punto invece
di andare oltre lanciando la visione nella purezza cromatica, essa si arresta
temendo di spogliare le forme della loro realtà contingente e dell'ovvietà
nell'accettare gli elementi soggettivi della rappresentazione, che gli
astrattisti geometrizzanti definiscono impuri e pesanti di tonnellate e
tonnellate di materiali. Il risultato di tale sfida è incantevole: gli oggetti,
pur rischiando nella loro integrità, l'ovvietà soggettiva, si collocano sul
piano dell'Arte come modo di essere. In definitiva, la pittura ci rimanda con
immediatezza al pittore, alla sua filosofia, a un operatore che crede nella vita
con una fede che lo spinge a esprimere i poteri creativi della Natura come
simbolo del trionfo della vita sulla distruzione."