Arte in Puglia dal Medioevo al Settecento

Il progetto della mostra “Arte in Puglia dal Medioevo al Settecento” è stato inaugurato con la fase “IL MEDIOEVO”, ospitata nella sua sezione principale nel museo civico di Foggia e cinque sezioni decentrate: nella basilica nicolaiana e nel museo diocesano di Bari, nelle pinacoteche provinciali di Bari e di Lecce e nella Sezione Ebraica di Trani.



Si aperta l'11 marzo 2010 (chiuderà il 30 aprile) il secondo troncone della mostra «Il Medioevo», già in corso, nella sua sezione principale, al Museo Civico di Foggia e ora ospitata in più sedi decentrate a Bari, nella Basilica di San Nicola, nel Museo Diocesano e nella Pinacoteca Provinciale, a Trani, nella Sinagoga Scola Grande, e a Lecce, nel Museo Provinciale. Una corposa e articolata iniziativa, curata da Francesco Abate, supportato dalle principali istituzioni della Regione, le tre Università (del Salento, di Bari e di Foggia), le Soprintendenze, e inscritta in un ampio progetto a più tappe, finalizzato, in itinere, ad una ricomposizione complessiva del patrimonio artistico pugliese dal Medioevo al Settecento.
 

La mostra sul Medioevo in Puglia (Testo a cura di Marilena Di Tursi)

L'EVENTO - L’evento parte dalla capitale ricognizione operata nel 1964 da Michele D’Elia con l’esposizione «Dal tardo antico al rococò», tenutasi nella Pinacoteca Provinciale di Bari, che per la prima volta si adoperò nel descrivere l’arte pugliese compresa nell’arco di più di un millennio. Da quella storica data, le ricerche e gli studi, mai interrotti, hanno permesso sia nuove acquisizioni, sia imprevisti posizionamenti in aggiornate geografie dei centri di produzione, tanto da richiedere, a circa cinquant’anni di distanza, un doveroso e riassuntivo bilancio sul vasto patrimonio acquisito. A questa necessità si è aggiunta anche quella di dover dar conto di un vasto ambito cronologico e anche di esibire una messe di opere diffuse copiosamente in tutto il territorio. Urgenze che hanno imposto, per un verso, una diluizione temporale degli appuntamenti espositivi e per l’altro, hanno suggerito un capillare coinvolgimento di più sedi museali, dalla Capitanata al Salento, unitamente a cattedrali e chiese rupestri, oggetto di itinerari paralleli e integrativi al percorso di ciascuna mostra.

PUGLIA, TERRA DI FRONTIERA - Un dato che viene confermato nelle varie sezioni, affidate a studiosi di lungo corso ( Gioia Berteli per l’alto Medioevo, Pina Belli D’Elia per il Romanico, Marina Falla per l’età bizantina, Maria Stella Calò per quelle federiciane e angioine) affiancati da giovani ricercatori, è quello di una Puglia terra di frontiera su polarità opposte, elemento innovativo e imprescindibile con cui stimare quindi sia il prolungato e indagato rapporto con l’Oriente, sia, viceversa, anche la significativa e fruttuosa apertura ad Occidente. Una doppia liaison, dunque, fatta dapprima di influssi longobardi e bizantini e più tardi confluiti nella originale e polimorfa stagione del romanico pugliese con le sue tante declinazioni da Nord a Sud della regione. Numerosi sono anche i personaggi alla cui committenza si devono molti dei capolavori ancora fruibili, quel Boemondo d’Altavilla, seppellito nell’omonimo mausoleo a Canosa, quell’abate Elia sostenitore del cantiere nicolaiano, per giungere fino a Federico II, artefice di un rinnovamento artistico, rivolto al recupero del verbo classico, che dal Sud informa il resto della penisola.

LE SEZIONI - Nuova luce viene anche accordata al Trecento angioino, periodo che si trascina spoglie romaniche ma che si dischiude alle sollecitazioni della cultura francese portata dai nuovi padroni, vedi la Madonna con il Bambino del tesoro di Santa Caterina a Galatina, attribuita a Tino da Camaino. Inoltre, grazie alle ricerche dell’ultimo decennio, sono stati aggiunti ulteriori significativi episodi dell’epoca tardo-gotica, in precedenza segnata solo dai cicli pittorici di Galatina e Soleto e oggi accresciuta, sempre in area salentina, da variegate testimonianze soprattutto relative alla committenza della famiglia dei del Balzo Orsini (fine XIV-prima metà del XV secolo). Infine una sezione del tutto innovativa appare senza dubbio quella dedicata alla presenza ebraica, il cui ruolo messo in luce grazie a nuovi studi (con il contributo dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane) premurosi nel sondarne l’estrazione sociale riconducibile ad una sorta di intellighenzia, fatta di intellettuali e esponenti delle professioni liberali, concentrati soprattutto a Trani. In definitiva la mostra porge un soddisfacente ventaglio di proposte interpretative offerte nel taglio di un’opera aperta, ancora, auspicabilmente, suscettibile di future integrazioni ma già ridondante di prestigiosi e autonome puntate creative. - Marilena Di Tursi



 

 

Ultimo aggiornamento:  15-06-10