Les Italiens

 Sette artisti alla conquista di Parigi 

Scrive Rachele Ferrario : <<Nella Parigi d’inizio Novecento, capitale culturale d’Europa, irrompono sette italiani: Giorgio de Chirico, suo fratello Alberto Savinio, Gino Severini, Mario Tozzi, Massimo Campigli, Renato Paresce e Filippo de Pisis. Sono Les Italiens de Paris; e presto rubano la scena ai francesi che li chiamano con disprezzo “metechi”.>>

 

Copertina de "Les Italiens"Fondano o contribuiscono a fondare generi – la metafisica, il futurismo –, innovano le avanguardie, conoscono e si scontrano con Picasso, Matisse, Braque, Soutine, Utrillo e sua madre Suzanne Valadon. E nei café bevono assenzio con un ebreo livornese, Amedeo Modigliani.

Da Montmartre gli artisti si spostano a Montparnasse, dove cenano alla Closerie des Lilas con i poeti: Guillaume Apollinaire, anche lui apolide, che gira in frac e parla cinque lingue; Paul Fort, che passeggia con un papero al guinzaglio; Max Jacob, che declama versi ed è succube della virilità di Picasso. Insieme a loro ci sono altri “metechi”: Chagall, Brâncuși, Miró, Dalí, Juan Gris, Diego Rivera e Frida Kahlo; i dadaisti di Tristan Tzara, più tardi i surrealisti di André Breton. E nel 1919 arriva la giovane Antonietta Raphaël, nella città dove domina Joséphine Baker ed esordisce Édith Piaf.

Sono gli anni in cui nasce la pittura moderna. Pare che le energie del secolo che chiuderà il millennio si siano concentrate nel cuore dell’Île-de-France, come i poteri magici all’epoca dei templari. Artisti, poeti, scrittori e musicisti inventano nuove espressioni, smontano linee, mescolano colori, suoni, mutano pelle e sostanza alla realtà così come era stata pensata e rappresentata fino a quel momento. Una rivoluzione culturale dentro a quella sociale e industriale, in anticipo su quella politica.

È la vigilia di una guerra che farà crollare tre imperi secolari: quello austroungarico, quello ottomano, quello zarista; la carta geografica dell’Europa e del Mediterraneo sarà sconvolta, mentre in Russia il potere passerà ai Soviet. Anche i confini dell’uomo e della fisica vengono rivoluzionati come mai prima, con la scoperta dell’inconscio e dell’atomo, dell’energia rimossa o nascosta dentro di noi e al cuore di ogni cosa.

Il 5 febbraio 1912 alla Galerie Bernheim-Jeune inaugura la prima esposizione futurista, che desta sensazione e polemiche destinate a durare nel tempo: meglio il futurismo o il cubismo? Gli italiani o i francesi? Marinetti, Severini, Boccioni, oppure Braque, Delaunay, Picasso (che a Parigi finiranno per considerare “dei loro”)? È una vicenda in cui i francesi sono usciti vincitori: più abili anche nell’intercettare la bellezza e la novità e nell’esaltarla, maestri nell’accogliere e “francesizzare” espressioni provenienti da altre culture. Ma il futurismo e quel che verrà dopo – la metafisica, il recupero della classicità – è vivo. Anche oggi, a cent’anni di distanza, conferma la sua forza, il suo potere evocativo, la sua capacità di parlare all’uomo di ogni tempo. Ed è una storia che comincia a Parigi, grazie al talento e alla sensibilità di un gruppo di italiani.

dall'introduzione del libro


Rachele FerrarioRachele Ferrario insegna Fenomenologia delle arti all’Accademia di Belle Arti di Milano. Collaboratrice del “Corriere della Sera”, cura e organizza mostre dal 1998. Dirige l’archivio René Paresce, di cui ha redatto il catalogo generale e la biografia Lo scrittore che dipinse l’atomo. Vita di René Paresce da Palermo a Parigi. Tra i suoi ultimi libri: Regina di quadri. Vita e passioni di Palma Bucarelli (2010), Le signore dell’arte. Quattro artiste italiane che hanno cambiato il mondo (2012), Margherita Sarfatti. La regina dell’arte nell’Italia fascista (2015).
 

I sette artisti italiani
 

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Ultimo aggiornamento:  22-03-22