Ricordi di un mercante d' arte

Skira nella collana StorieSkira edita “Ricordi di un mercante d’arte” (2017, pp. 144, euro 14,90, titolo originale Die Kunst und das Leben, traduzione di Enrico Arosio) di Heinz Berggruen (Berlino, 1914 - Parigi, 2007), straordinario testimone e personalità del secolo scorso.

 

Copertina de "Ricordi di un mercante d’arte"Heinz Berggruen è stato uno dei maggiori mercanti d’arte del secondo Novecento con la sua galleria di Parigi, e al tempo stesso un collezionista straordinario, la cui magnifica raccolta, dal 2000 proprietà dei Musei Statali berlinesi, è ospitata nella prestigiosa sede di Charlottenburg.

Esordisce giovanissimo come giornalista a Berlino ma a causa delle sue origini ebraiche è costretto ad emigrare, prima in California e poi a Parigi dove, nel 1947, fonda la Galerie Berggruen. Nel 1996 torna a Berlino con la sua magnifica collezione di opere d’arte, poi divenuta il Museum Berggruen.

Nei brevi racconti autobiografici di “Ricordi di un mercante d’arte”, arricchiti da aneddoti vivaci e spiritosi, l’autore ci fa entrare in confidenza con i suoi amici artisti, a cominciare da Pablo Picasso, cui l’ha legato un lungo rapporto personale...

Picasso, dunque, chiamò Kahnweiler e gli disse trionfante: ‘Ho appena comprato la Sainte-Victoire di Cézanne’.
Kahnweiler, da austero studioso d’arte tedesco, gli rispose: ‘Che interessante, mi congratulo con lei! Quale versione ha potuto comprare, di quel quadro meraviglioso?’. (Occorre sapere che di quel celebre paesaggio esistono più di venti versioni.) Picasso replicò: ‘Non ho comprato nessuna versione, monsieur Kahnweiler, ho comprato la vera Sainte-Victoire, il paesaggio, la terra, il suolo su cui Cézanne dipinse la sua Sainte-Victoire’. E Kahnweiler, interdetto e come sempre poco spiritoso, dichiarò deluso: ‘Ah, niente quadro, che peccato! Ma mi congratulo ugualmente, cher Picasso!’.
Quel che Picasso non gli raccontò era che, attraverso l’acquisto del castello, egli sarebbe entrato forse in possesso anche di un titolo nobiliare, di cui naturalmente poi non avrebbe fatto uso. Forse d’ora in poi avrebbe potuto farsi chiamare duca di Vauvenargues, fu questo che raccontò a tutti i suoi amici – il geniale Picasso era anche un mattacchione.


Ma anche Henri Matisse, Alberto Giacometti, Joan Miró. Come pure con i colleghi mercanti, con i clienti illustri e a volte capricciosi, con personalità speciali come Frida Kahlo, Gertrude Stein, Gianni Agnelli...“del capitano d’industria, Agnelli il donnaiolo, Agnelli il fanatico di calcio” del quale si conosce tutto, l’autore svela che il carismatico Avvocato amava la pittura moderna: “era un po’ il suo jardin secret”.
Nella veste di mercante d’arte a Parigi e più tardi a New York, Berggruen ebbe a intervalli regolari il privilegio d’incontrarlo e quindi di contribuire alla sua notevole collezione. Agnelli amava i nudi di Modigliani, le silenziose nature morte di Morandi, i colori saturi dei sensuali dipinti di Matisse degli anni Quaranta. Da Heinz Berggruen Agnelli acquistò, tra l’altro, un importante olio del futurista Severini dell’epoca della II Guerra Mondiale...


E' un libro che vi consiglio perché racconta l’arte del Novecento con una prosa più che scorrevole, da un punto di vista particolare, oltreché privilegiato: quello del mercante d’arte che, in questo caso, potremmo definire, abile e fortunato.

 

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Ultimo aggiornamento:  22-03-22